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Francesco Bagnara. Scenografo alla Fenice (1820-1839). L'immagine e la scena
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Il volume presenta l'attività del grande scenografo Francesco Bagnara, per vent'anni responsabile degli allestimenti scenici del Teatro La Fenice dal 1820 al 1839.
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Dettagli

1996
240 p., ill. , Rilegato
9788831765688

Voce della critica


recensione di Pigozzi, M., L'Indice 1998, n. 1

Sappiamo dell'attenzione per i fatti municipali e per le espressioni medievali nella vita culturale dell'Ottocento, teatro compreso. Il medioevo è sito dell'immaginario, luogo dell'oscurità e dell'avventura, della storia e della fiaba, altrove primigenio della memoria.
La ricorrente rivisitazione del medioevo agita nella scenografia non è mai simile a se stessa, muove dalla soddisfazione di bisogni contingenti, e quindi mutevoli. Lo scenografo procede per accumulo, e ciò permette la circolazione di un modello sempre più complesso e stratificato, ma sempre riconoscibile nonostante le diverse occasioni di applicazione. L'applicazione è causata o dalla necessità di reazione alla realtà del momento o dall'analogia con l'attualità o dalla nostalgica volontà di rievocazione storica.
Tutte queste motivazioni convivono eccezionalmente nella prima scena di "Ivanhoe", melodramma in due atti di Gaetano Rossi per musica di Giovanni Pacini, in prima rappresentazione al teatro La Fenice di Venezia, scenografo Francesco Bagnara (1784-1866). È la stagione 1831-32, e inizia un decennio particolarmente felice per l'artista, formatosi con Giovanni Picutti a Vicenza quindi con Giuseppe Borsato a Venezia, e ora capace di esprimersi in piena autonomia. Conferma la sua maturità artistica la totale sintonia con il librettista Felice Romani e con le musiche belliniane, da "La straniera" a "I Capuleti e i Montecchi" a "Norma" a "Beatrice di Tenda", interprete nel castello di Binasco la grande Giuditta Pasta (16 marzo 1833).
Nei suoi fogli di scena, conservati al Museo Correr di Venezia e ora studiati con intelligenza da Maria Ida Biggi, le architetture si confrontano con la luce delle trasparenti vetrate della sala nel castello di Rotherwood ("Ivanhoe", I, 1), o gli alberi affiancano in altezza le torri cilindriche, gareggiando l'architettura con la natura ("Beatrice di Tenda", I, 6). Ho scelto due delle più tradizionali ambientazioni, da secoli nelle dotazioni dei teatri italiani ed europei e con codificate interpretazioni, talune allora riproposte a stampa dalla rinnovata attenzione dell'editoria musicale. Eppure in entrambi i casi la particolare interpretazione della luce, il suo procedere ora evocativo, ora narrativo nello spazio sentimentalmente costruito rende le proposte di Bagnara nuove e coinvolgenti. Soprattutto quelle vetrate trasparenti ritroveremo imitate in più occasioni, a Venezia con Bertoja e altri, rincorse da Verdi sino al convincente allestimento di Giovanni Zuccarelli dell'"Otello" al romano teatro Costanzi nell'aprile del 1887, nell'occasione trasparenti il giardino di Desdemona.
Gli anni trenta dell'Ottocento sono per Bagnara ricchi di occasioni di lavoro, non solo per la Felice, ma anche per i teatri della Serenissima, da Brescia a Belluno, da Cittadella a Legnago. Solo nel 1839 egli porrà fine alla sua carriera di scenografo per dedicarsi alla cattedra di paesaggio presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia e all'attività di progettista di giardini all'inglese, ambito nel quale lo strumentale ritorno al medioevo si è originato per poi diventare moda, e come tale svilupparsi e diffondersi in campo storico e artistico.
Considerata la finalità documentaria di repertori importanti come questo, rivelatore per la scenografia del momento di passaggio dalla classificazione erudita alla rievocazione storica romantica, prima della classificazione filologica positivista, a quando il volume su Bagnara nel Veneto?

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