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L' amante militare
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Descrizione


"L'amante militare" nasce da lontane esperienze personali di Goldoni che aveva assistito da vicino ad alcuni episodi bellici connessi alla guerra di successione polacca. A questi si ispira nel dipingere questo affresco di vita militare, incentrato sulla vicenda di Don Alonso che, resistendo alle suppliche dell'amata Rosaura, va in guerra per adempiere ai suoi doveri, salvo poi tornare, distintosi per coraggio, a chiederne la mano e a optare per una pacifica vita borghese. Da qui l'interesse della critica verso questa commedia per capire l'atteggiamento di Goldoni nei confronti della classe militare.
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Dettagli

1999
22 marzo 1999
296 p.
9788831772402

Voce della critica




Cerruti, Marco, La guerra e i Lumi nel Settecento italiano, Th‚lŠme, 2000
Goldoni, Carlo, L'amante militare, Marsilio , 1999
Goldoni, Carlo, La guerra, Marsilio , 1999
recensioni di Ricaldone, L. L'Indice del 2000, n. 07

Tra la fine del 1999 e i primi mesi del 2000 sono stati pubblicati tre volumi che ripropongono il tema della guerra all'epoca dei Lumi. Stesso oggetto di discussione ha scelto la Società italiana di studi sul secolo XVIII per il proprio incontro annuale. Difficile sottrarsi all'attualizzazione: "guardando certi agghiaccianti fotogrammi [relativi alla guerra in Cecenia], non si può non pensare ai versi di Giovan Battista Casti sulla repressione della rivolta cosacca compiuta oltre duecento anni fa dalle truppe di Caterina II" - scrive Cerruti nella premessa, giustificando la trasformazione dell'agile volume da dispensa universitaria a libro rivolto a un pubblico più esteso. E, d'altra parte, dai testi antologizzati (di Muratori, Pietro e Alessandro Verri, Franci, Goldoni, Casti, Compagnoni, Gasparo Gozzi e Parini) ci si accorge immediatamente che non sono solo gli orrori descritti a renderne attuale la rilettura, bensì anche, soprattutto, le riflessioni sulla guerra e la pace, sulla giustezza o iniquità dell'intervento armato.
Gli intellettuali che si sono trovati a operare come sudditi di regimi illuminati e tutta-
via non sempre "beati" (anche Muratori, dopo l'avvio del-
la guerra di Successione Austriaca, mitigherà il proprio ottimismo e, non potendo più chiamare "beata l'età nostra", si interrogherà su "qual felicità può mai trovarsi dove danzano l'arme e il furor militare"), hanno dovuto richiamarsi al "gius naturale" per tracciare la linea di demarcazione etica che distingue tra guerra giusta e guerra ingiusta, e l'hanno fatto in termini che sono risultati fondan-
ti della moderna linea interventista.
Presso intellettuali irenici, come Parini, e in un contesto complessivamente pacifista, come è stato il pensiero di quegli anni nelle sue tendenze filantropiche, cristiano-evangeliche, utopiche o fisiocratiche, la guerra è assurda, irrazionale, contraria alla felicità privata e pubblica e, per la sua distruttività, anche antieconomica, dal momento che, in regime di economia agricola, lungi dal produrre ricchezza, essa annulla il lavoro del "villan sollecito": "E gir mille fatiche / col tetro fumo al vol" - scrive nella Vita rustica Parini. Tuttavia il "flagello de' popoli" si giustifica quando da guerra di conquista e di attacco diventa guerra di difesa: "Natura in prima, e poi Ragion ne appella / le patrie mura a sostener pugnando" - dice il poeta negli Sciolti sopra la guerra. Anche il coetaneo Pietro Verri, negli anni in cui la Francia sta per entrare in conflitto con le potenze dell'Antico Regime, concorda con l'esercizio delle armi in favore di "libertà" e "giustizia", mentre anni prima, dell'esperienza di capitano arruolatosi volontario nell'esercito asburgico, aveva riportato un disgusto viscerale per l'armata, "cloaca che raduna tutt'i vizj più deformi e tutt'i rifiuti della società".
La descrizione dell'esercito dal basso si riscontra anche nel Goldoni dell'Amante militare (1751), dove il bersaglio polemico, più che la guerra, sono i militari, che approfittano della situazione particolare e dei poteri di cui sono investiti per arricchirsi, sedurre le donne, oziare e sopraffare gli altri. Mentre La guerra (1760), considerata dallo stesso commediografo un remake della commedia precedente, punta sulla descrizione dell'umanità che si incontra sui campi di battaglia. Del Negro dimostra che il noto "antimilitarismo" di Goldoni ("Non ero uomo di spada, ma sempre lo fui di penna") è cosa ben più complessa del semplice riflesso caratteriale, di un "Dna pacifico e bonario", o del tributo che egli paga alla neutralità di Venezia, non foss'altro che per il fatto che traccia un quadro deontologico e dei valori che ineriscono al mestiere di soldato, anche se poi la barbarie prodotta dalla guerra interviene a modificare i caratteri degli uomini anche in tempo di pace. Le pagine che i rispettivi curatori dedicano alla fortuna delle due commedie, e le considerazioni di Squarzina sulle rappresentazioni novecentesche della Guerra, mostrano come le messe in scena di queste opere minori di Goldoni siano state legate a momenti cruciali della nostra storia (le guerre mondiali, il Vietnam), di cui hanno espresso le tendenze pacifiste.

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Conosci l'autore

Carlo Goldoni

1707, Venezia

Nato il 25 febbraio 1707 dal medico Giulio G. e da Margherita Salvioni, studiò prima a Perugia, poi a Rimini: da qui, nel 1721, fuggì a Chioggia su una barca di comici (la compagnia di Florindo de’ Maccheroni), affascinato dalla vita avventurosa che conducevano i teatranti. Nel ’23, a Pavia, si iscrisse ai corsi di giurisprudenza del collegio Ghislieri, ma presto fu espulso per aver scritto una satira, Il colosso, contro alcune ragazze della città. Si laureò in legge a Padova (1731) e cominciò la professione a Venezia, ma poco dopo un intrigo amoroso lo portò a Milano. Nel ’32 uscì il suo primo lavoro a stampa, l’intermezzo Il gondoliere veneziano ossia gli sdegni amorosi. Nel ’34, a Verona, conobbe il capocomico...

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