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Canna da zucchero - Carla Menaldo - copertina
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Canna da zucchero - Carla Menaldo - copertina

Descrizione


"Canna da zucchero" è il sapore fermentato e dolciastro del sesso. Quel sapore che Rosa si porta addosso tutta la vita. A vent'anni, quando s'innamora di Sandra e vive la rottura tra la propria educazione fatta dei ritmi ancestrali e rassicuranti della terra, e quello che sta diventando, così lontano dalle origini. A trent'anni, quando fugge in cerca di un'altra patria e di un altro clima e, a Cuba, sulla pelle caffellatte di Awari rimette tutto in gioco, come se lontano dal caos sterile delle città assordanti ci fosse il mito, intatto, della libertà. A quaranta, quando Rosa è matura nella bellezza e nei sensi e si imbatte in Leo, l'unico uomo improbabile e crepuscolare che dà una risposta, provvisoria e lacerata, alla sua ricerca. L'uomo che è sensualità, instabilità e, soprattutto, femminilità. Sullo sfondo di un'Italia di provincia che non sembra concedere vie di fuga, "Canna da zucchero" è il desiderio ossessivo dell'assenza da ogni vincolo. Ma anche la ricerca caotica, faticosa e a volte ingombrante di una identità.
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Dettagli

2009
21 gennaio 2009
206 p., Rilegato
9788831796767

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 3/5
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Frank the Saxon
Recensioni: 4/5

Si tratta forse di un romanzo di formazione, singolare per l'assenza di un mondo intorno alla protagonista Rosa. Tutto è dentro lei, ogni cosa è solo ciò che decide il suo sentire. Cuba, all'uscita della fermata Des Abbesses del metrò parigino, i portici di Padova, scorrono come figure dell'immaginario, come tele di quadri amati o ripudiati, con candore, con ingenuità (e solo l'uomo di un quadro, dopo un ostinato silenzio, le rivolge una parola). È la narrazione di un isolamento progressivo, perseguito con una pervicacia che pare non contemplare il dubbio, se non per pochi intensi istanti. Figure, odori, nazioni, uomini e donne sono visti e percepiti attraverso uno schermo di nevrosi che quasi si autocompiace, pur nel dolore, nello strazio, nell'urlo. Il rimedio a ogni declino è il perseguimento di un piacere senza fiato, di un uomo che “le faccia” l'amore. Anche l'oggettiva bruttezza di questa onanistica espressione –da non confondere con una forte libertà formale che può piacere o no, ma è uno stile-- perfino questo inascoltabile “mi faveva l'amore” richiamano nel linguaggio l'impertinente ricerca di Rosa di un' assoluta sguaiata anarchia, che dal corpo si propaga alla sua visione della vita. Rimane il dubbio che l'autrice si serva del romanzo per un lungo sfogo, un diario buttato in strada a mostrare chi è Rosa, senza quell'ipocrisia dei pavidi e ignavi ciò che Rosa-Carla sembrano detestare ( e manifestarecon ricorrenti “conati di vomito”). Solo il l'amato adone cubano e il femmineo, fragile Leonardo –irraggiungibile amante, geniale eroe che vince grazie alle “d” che Rosa gli ha insegnato a togliere, il Leo adorato come un figlio ma anche come il padre, unico giusto della terra-- sfuggono al disincanto della cinquantenne Rosa. Il sacrificio di Leo, che le chiede un fiore sopra la propria umida tomba umida,è il suggello poetico e disperato su una vita dedicata a una bellezza agognata voracemente, desolatamente. Coraggiosamente, forse.

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Ciriaco
Recensioni: 1/5

Il modo di dire "farmi l'amore" è forse quello che mi irrita maggiormente in tutto il romanzo

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amelia gatti
Recensioni: 4/5

La storia è scandita dagli odori, dal sesso, di uomini e di donne, in una ricerca spasmodica di nuovi sapori, di emozioni diverse, fughe dalla normalità. Le città sono descritte attraverso gli odori, più o meno piacevoli. Così Cuba è cannella ma anche merda e orina, la notte è vischiosa e sa di banane fritte, caramello e musica. A Parigi i tigli sanno di foglie mature, le strade di creme dense e di sigarette fumate all’aperto. E sopra tutto un odore acre e pungente, l’odore del sesso, ovunque, che assale prepotente le narici. Cattura il profumo selvatico di sesso e sudore del giovane cubano Awari , istintivo e animale. Che quando faceva l’amore diventava come se la cannella si mischiasse alla pioggia e ai manghi, al sudore dell’estate tropicale. E anche l’odore nauseabondo delle uova fritta, non a caso cucinate da quello che era diventato un marito per Rosa. Quindi noia, routine, assenza di emozioni. L’olfatto è dominante fra le righe di questo libro che scorre lieve e intenso, che si gusta con tutti i sensi. E ho trovato meraviglioso il modo di dire 'farmi l'amore' che l'autrice usa più volte. E alla fine strappa anche una lacrima, senza scadere nel patetico, per un amore improbabile che invece era l'amore.

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