L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il marxismo crea, alla lunga, una massa di piccolo-borghesi. Questo, Stalin, lo sapeva. Ecco il ritorno.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
scheda di Bertini, M., L'Indice 1988, n.10
Che cosa si aspettava di vedere André Gide quando, il 17 giugno 1936, partì per la visita in URSS che l'avrebbe portato addirittura sulla tribuna ufficiale della Piazza Rossa, accanto a Stalin? È lui stesso a dircelo, nelle prime pagine di questo libretto scritto a caldo, pochi mesi dopo quell'esperienza: "L'URSS era per noi un esempio, una guida... Ciò che noi sognavamo, che osavamo appena sperare, aveva preso corpo in quella parte del mondo. L'URSS era la terra dove l'utopia stava per diventare realtà". Le prime visite dello scrittore - "adulato, vezzeggiato, festeggiato" - a fabbriche modello, case di riposo e parchi ricreativi sembrano confermare le sue più rosee speranze: ovunque regna un "fervore gioioso", la gioventù è "meravigliosa", i volti splendono di felicità. Ma poco a poco un'altra realtà, invisibile e allarmante, traspare dietro lo spettacolo accuratamente predisposto per l'illustre visitatore: una realtà fatta di conformismo e di delazioni, di servilismo abietto, di miseria nascosta. Tornato in Francia, Gide pubblica coraggiosamente le proprie impressioni, attirandosi dagli ex-compagni insulti anche feroci; da questa polemica nascono le "Postille al mio ritorno dall'URSS", in cui al momento della delusione emotiva succede una riflessione pacata nutrita di letture differenziate e illuminanti, da Trocki a Souvarine, da Victor Serge a Yvon e a Laurat.
Nei vent'anni che vanno dalla rivoluzione di ottobre allo scoppio della seconda guerra mondiale, il «viaggio nell'Unione Sovìetica» è quasi un genere letterario; ammirativi o ostili, mai del tutto neutrali, i libri che riferiscono fatti ed esperienze del paese dei soviet si contano a centinaia in tutte le lingue. Nessuno però ebbe l'effetto dirompente del Ritorno dall'URSS, il volumetto pubblicato alla fine del 1936 da André Gide, che nel giro di un anno ebbe ben nove ristampe, per un totale di 146 300 copie (meno clamoroso ma pur sempre rilevante, l'anno dopo, il successo dei "Ritocchi al mio ritorno dall'URSS", anch'esso qui nuovamente tradotto). Il successo fu ìl risultato della sorpresa. Il celebre scrittore che solo da qualche anno si era convertito al comunismo, aveva accettato la spettacolare accoglienza riservatagli dal regime sovietico, fino a comparire accanto a Stalin sulla tribuna ufficiale della Piazza Rossa in occasione delle esequie di Gorkij. Ma siamo solo all'inizio del viaggio, effettuato con una delegazione di intellettuali di cui Gide è la vedette: personaggio ufficiale, salutato quotidianamente nei suoi spostamenti dai giornali che ne pubblicano il ritratto e la biografia, mentre per h - strade si tendono gli striscioni di benvenuto; e le edizioni dì stato hanno iniziato la pubblicazione delle sue opere.Eppure, il programmato entusiasmo dell'accoglienza, l'ostentata perfezione dell'universo che gli viene mostrato tra un banchetto e l'altro, non tardano a rivelare delle crepe nelle quali si insinua l'attenzione penetrante di Gide. L'impressione di completa spersonalizzazione avuta in un kolkoz che pure respira prosperità; il condizionamento psicologico colto nel comportamento e nelle ingenue domande degli interlocutori; la constatata miseria dei bambini abbandonati di Sebastopoli. Altrettanti elementi concreti che fanno saltare la vernice della soddisfazione ufficiale e conferiscono una straordinaria efficacia alla denuncia di quello che per Gide è un asservimento spirituale senza pari nemmeno nella Germania di Hitler. Certo, altri avevano scritto e scriveranno il loro personale «ritorno dall'URSS», a volte con maggiore passione o con più profonda comprensione dei processi in corso. Ma col suo tono equilibrato, quasi dimesso, il "Ritorno" di Gide oltre che la coraggiosa testimonianza dì un disincanto, resta lo specchio di una intellettualità europea che aspira (e continuerà sempre) ad una palingenesi e ricade indietro nella sua immedicabile frustrazione.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore