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scheda di Rastello, L., L'Indice 1989, n.10
"Ogni morte ha la sua risata. E non è irriverente se anche noi scherziamo un po' a modo nostro con lei, poiché ci vuole diventare familiare": in base a questo assunto fu composta la raccolta, organizzata secondo il ritmo e la struttura della danza macabra che accompagna un affresco nella cattedrale dell'antica capitale estone che fu Reval. Un "Prologo" e un "Congedo" in forma colloquiale racchiudono otto storie divertenti, persino delicate a dispetto della sovrabbondanza di cadaveri e casse da morto, mai in sospetto di necrofilia benché non manchi l'ammiccamento ad autori diversamente intimi della grande consolatrice, come Poe o Villiers de l'Isle Adam (ne "Lo strano albergo", per esempio, o in certe figure di vedovi). Più che al trapasso Bergengruen si interessa alla vita, ora frenetica ora fin troppo ordinaria, che si svolge intorno all'evento: le manie, gli espedienti commerciali, artigianali, i paradossi di un mondo dei vivi che, piuttosto che temerla, digerisce la morte, la incorpora nelle cadenze e nei tempi della propria circolazione sanguigna. Poco di sovrannaturale: solo in chiusura, all'ultima pagina, compaiono a schiera i fantasmi e con essi, di scorcio, un pizzico di storia. I morti sono, in verità, il pretesto per una fuga nella nostalgia, negli affetti familiari perduti, nel focolare. "La morte è una grande consolazione [...] e noi intendiamo voler bene alla morte come vogliamo bene a questa città". Bergengruen, lettone cresciuto in Estonia, amatissimo nel dopoguerra non se ne andò dalla Germania nazista; non ci si può sottrarre a un brivido di fronte alla data di pubblicazione della raccolta, il 1939: la morte, quella nota al nostro secolo, stava imponendo il suo dominio, divenuta merce, oggetto di produzione industriale, destino collettivo. Il lutto stabiliva la sua ragione, la nostalgia resa impraticabile, la memoria diveniva un difficile impegno. Quanto a Reval, verrà Baffone e l'antica città prenderà il nome di Tallinn.
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