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Le origini della irreversibilità
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Le origini della irreversibilità - Mario Ageno - copertina
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1992
13 aprile 1992
208 p.
9788833906669

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Esiste da sempre un contrasto fra i sistemi "reali ", e cioè quelli che incontriamo nella vita quotidiana, e i sistemi "ideali" della scienza. Ed esiste anche una notevole mancanza di chiarezza circa i rapporti tra sistemi reali e ideali. Questa situazione pur essendo generale, diventa particolarmente interessante quando si discute l'irreversibilità dei processi naturali e la freccia del tempo. In questo libro l'autore utilizza un approccio storico epistemo!ogico con lo scopo di illuminare i problemi che stanno per l'appunto alla base delle spiegazioni dell'irreversibilità. Le conclusioni cui giunge Ageno è che l'irreversibilità dei processi macroscopici ha origine nell'indeterminazione quantistica fra energia e tempo.

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Voce della critica


recensione di Cini, M., L'Indice 1993, n. 1

Una delle questioni fondamentali attorno alla quale si concentrava il dibattito tra i fisici alla fine del secolo scorso è quella sollevata da Carnot più di cinquant'anni prima: l'origine della irreversibilità nella trasformazione di energia meccanica in calore. Codificata nella forma di "seconda legge della termodinamica", che Rudolph Clausius e William Thomson formulano indipendentemente negli anni '50-'51, questa irreversibilità equivale al postulato della impossibilità del passaggio del calore da un corpo più freddo a un corpo più caldo.
Le conseguenze della seconda legge si estendono tuttavia ben al di là dei fenomeni della trasmissione del calore. In associazione con la prima legge - in base alla quale ogni volta che una certa quantità di energia scompare la si ritrova convertita sotto altra forma secondo un rapporto costante, e dunque l'energia totale si conserva nel corso di qualunque processo di trasformazione subito da un sistema isolato - questa impossibilità si traduce nell'individuazione di un senso unico di percorrenza per ogni processo di trasformazione di un sistema fisico isolato, e dunque nel riconoscimento dell'irreversibilità di ogni evoluzione spontanea che avvenga in natura.
L'origine di questa irreversibilità è assai misteriosa. A differenza della prima legge, che è perfettamente compatibile con la dinamica newtoniana (anche se il concetto di energia è più generale), la seconda legge sembra non esserlo. Le leggi di Newton, nate per unificare in un unico quadro interpretativo i moti dei pianeti e i moti dei corpi materiali sulla terra (la famosa mela!), prescrivono infatti dettagliatamente la forma della traiettoria percorsa, ma non ne fissano il verso di percorrenza, che può essere scelto arbitrariamente. Basta, ad esempio invertire a un certo istante la velocità di un corpo in moto su una data traiettoria perché esso la ripercorra all'indietro ritornando nella posizione che aveva all'inizio. Questa reversibilità della dinamica newtoniana è però incompatibile con la seconda legge della termodinamica, che esclude la possibilità che un processo di trasformazione naturale venga ripercorso spontaneamente all'indietro. È esperienza comune che due liquidi una volta mescolati non possono tornare indietro separandosi di nuovo. E ancor più comune è, ahimè, l'esperienza che un bambino cresce e poi invecchia, ma un vecchio non può ridiventare bambino.
A essere precisi questa incompatibilità non fu percepita fin dall'inizio. Anzi, la scuola degli atomisti, che avevano, da Maxwell in poi, sviluppato la teoria cinetica dei gas con l'intento non solo di spiegarne le proprietà mediante il modello molecolare, ma più in generale di ricondurre la termodinamica all'interno del paradigma newtoniano, sembrò avere segnato un punto definitivo a favore della concezione meccanica del mondo fisico quando Boltzmann riuscì a dimostrare (teorema H) l'unidirezionalità dell'evoluzione di un gas verso lo stato di equilibrio, per effetto soltanto delle equazioni del moto che regolano gli urti elastici delle molecole che lo compongono.
Questo risultato tuttavia fu presto contestato dalle obiezioni, prima di Loschmidt e poi di Zermelo, che criticavano la dimostrazione asserendo che essa introduceva implicitamente delle ipotesi aggiuntive dalle quali discendeva quella irreversibilità che le equazioni del moto in partenza non contenevano. In effetti lo stesso Boltzmann, a questo punto, modificò il suo ragionamento introducendo una distinzione, basata sul calcolo delle probabilità, fra le condizioni iniziali che portano a un'evoluzione verso lo stato di equilibrio e quelle che, invece, conducono ad allontanarsene. Poiché risulta che le prime sono enormemente più numerose delle seconde, l'irreversibilità della seconda legge si concilia, secondo Boltzmann, con la reversibilità delle leggi di Newton, in quanto essa deriva dalle proprietà della stragrande maggioranza delle condizioni iniziali possibili. La seconda legge in questo modo viene detronizzata da legge assoluta e necessaria della natura, per assumere lo 'status' di un'affermazione probabilistica sulle proprietà di qualunque sistema formato da un gran numero di costituenti elementari.
Da più di cento anni queste cose vengono date per scontate e sono insegnate nelle università di tutto il mondo. Da esse è nata una disciplina, la meccanica statistica, che ha conosciuto, soprattutto negli ultimi venti o trent'anni, un grande sviluppo e ha prodotto una messe di risultati importanti. Com'è possibile, ci si domanda, che qualcuno - sia pure con tutte le carte in regola per serietà, oltre che per autorevolezza, come Mario Ageno - venga a dirci oggi che tanto Boltzmann, quanto Loschmidt e Zermelo hanno sbagliato tutto, e dunque che generazioni e generazioni di fisici hanno imparato (e insegnato) un mucchio di sciocchezze? Alla domanda risponderemo in due tappe. La prima, ovviamente, è quella di andare a verificare se Ageno ha ragione. La seconda, una volta che la verifica abbia avuto esito positivo, è di capire come sia stato possibile che a nessuno sia venuto in mente, per più di un secolo, di andare a rimettere in discussione questa pietra miliare dello sviluppo della fisica.
Cominciamo dalla prima. Riassumiamo rapidamente i punti salienti dell'argomentazione di Ageno. Il modello di gas utilizzato da Boltzmann è costituito da un insieme di un gran numero di sferette rigide che si urtano fra loro, rinchiuse in un recipiente dalle pareti perfettamente riflettenti contro le quali rimbalzano. Poiché non è possibile risolvere esattamente le equazioni che descrivono l'evoluzione dinamica di un sistema così complicato, è necessario introdurre una schematizzazione abbastanza drastica del problema per renderlo trattabile. In particolare Boltzmann passa a descrivere il sistema come se fosse formato da una distribuzione continua di punti descritta da una funzione continua, che rappresenta la probabilità che una particella del gas abbia un dato valore della velocità, una volta supposta omogenea la distribuzione delle particelle nello spazio interno al recipiente. Diventa possibile in questo modo scrivere un'equazione che descrive come varia questa funzione continua di probabilità in conseguenza degli urti alle sferette.
Orbene, è proprio questo passaggio da un sistema discreto e deterministico a un sistema continuo e aleatorio che porta, senza che nessuno se ne sia mai accorto prima di Ageno, all'abbandono di un'assunzione fondamentale: quella della conservazione dell'energia e dell'impulso nell'urto fra due sferette. Infatti, se queste leggi sono rispettate, i valori delle loro velocità dopo ogni urto sono completamente determinati, e dunque un solo stato risulta ogni volta accessibile per il sistema. L'assunzione dell'esistenza di un ventaglio di stati possibili dopo ogni urto ne implica perciò la violazione. D'altra parte è proprio questo artificio che porta alla dimostrazione del teorema H e dunque dell'irreversibilità dell'evoluzione del sistema verso lo stato di equilibrio. Se si deve abbandonare questa approssimazione, che risulta fisicamente illecita, l'irreversibilità scompare. Si tratta dunque di capire se è possibile giungere allo stesso risultato, che sappiamo essere in accordo con il carattere irreversibile delle trasformazioni spontanee naturali, senza rinunciare ad imporre il rigoroso rispetto di queste due leggi fondamentali della meccanica.
Ageno fa vedere che una soluzione del problema si può trovare purché si prenda in considerazione un fatto fisico finora trascurato, rendendo il modello più aderente alla realtà. Si tratta di abbandonare l'ipotesi che le pareti siano superfici ideali perfettamente riflettenti, tenendo conto invece che esse sono fatte di atomi, delle stesse dimensioni di quelli del gas, interconnessi fra loro da una struttura reticolare. Questo implica che la velocità finale di una molecola del gas dopo un urto contro una parete non è più rigorosamente determinata, ma può assumere qualsiasi valore entro un ventaglio continuo di valori possibili, perché è tutto l'insieme degli atomi del reticolo che interagisce in modo imprevedibile con la particella urtante. L'origine dell'irreversibilità non sta dunque negli urti fra le molecole del gas, come immaginavano sia Boltzmann che i suoi avversari, ma negli urti fra molecole e pareti.
L'argomentazione di Ageno si spinge oltre, per arrivare all'identificazione della causa dell'imprevedibilità del valore della velocità di una molecola dopo l'urto contro una parete, che risulta essere in definitiva l'emissione o l'assorbimento di radiazione elettromagnetica da parte del reticolo cristallino. Ma non è il caso di entrare in ulteriori dettagli. La conclusione è drastica: la dimostrazione di Boltzmann non dimostra nulla, perché contiene due errori, uno matematico (il passaggio dal discreto al continuo) e l'altro fisico (l'assunzione che le pareti siano perfettamente riflettenti) che solo per caso, compensandosi a vicenda, portano al risultato corretto.
Rimane da spendere qualche parola di commento sulla cecità di generazioni di fisici che hanno accettato acriticamente l''ipse dixit' che veniva loro tramandato. Una prima osservazione da fare per cercare di capire come questo sia potuto accadere è che la scienza non è affatto immune dal fenomeno delle mode. La crescita della conoscenza scientifica non è un processo lineare e sistematico di accumulazione di verità: è piuttosto un cammino incerto e accidentato nel corso del quale cambiano le domande, mutano gli interessi, si abbandonano strade per seguirne altre sulla base di considerazioni non esenti da elementi soggettivi.
Il problema dell'origine dell'irreversibilità, considerato centrale alla fine del secolo scorso, passa rapidamente di moda non tanto perché viene ritenuto definitivamente risolto in modo inconfutabile, ma perché lo si considera superato dagli inattesi sviluppi della scelta fatta da Planck per fornire una spiegazione dello spettro del "corpo nero" in termini di "quanti". In quest'ottica la conciliazione dei contrastanti aspetti della termodinamica e della meccanica classica cessa di essere un obiettivo prioritario, sia perché quest'ultima entra in crisi, sia perché la prima decade dalla sua posizione di teoria generale fondamentale dei fenomeni naturali al rango di teoria fenomenologica utile al massimo in settori applicativi particolari.
C'è un'altra considerazione da fare a questo proposito. Essa riguarda il carattere relativo e storicamente condizionato dei concetti di "spiegazione" di un fenomeno o di "dimostrazione" delle conseguenze di date premesse. Non esistono criteri assoluti di validità o di rigore: è valido e ineccepibile ciò che è considerato tale, sulla base di un insieme di criteri condivisi dai membri della comunità disciplinare competente nel momento in cui la questione viene proposta secondo il loro giudizio intersoggettivo. Una volta espresso questo giudizio, è assai difficile rimetterlo in discussione, perché la gente si dedica ad altre cose più attuali e "interessanti". Contestare ciò che è entrato a far parte dei manuali e dei libri di testo è un'impresa che non paga, ed è assai raro che qualcuno la intraprenda. Rivedere le bucce a personaggi che hanno lasciato il loro nome nella storia della scienza richiede infatti uno spirito critico eccezionale e un impegno intellettuale assolutamente sproporzionato al riconoscimento che se ne può trarre. Se va bene, e questo accade assai raramente, il contributo che il risultato apporta alla scienza viene considerato assai meno rilevante dell'ultimo risultato ottenuto da chi lavora "alle frontiere della conoscenza".

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La recensione di IBS

Esiste da sempre un contrasto fra i sistemi "reali ", e cioè quelli che incontriamo nella vita quotidiana, e i sistemi "ideali" della scienza. Ed esiste anche una notevole mancanza di chiarezza circa i rapporti tra sistemi reali e ideali. Questa situazione pur essendo generale, diventa particolarmente interessante quando si discute l'irreversibilità dei processi naturali e la freccia del tempo.In questo libro l'autore utilizza un approccio storico epistemo!ogico con lo scopo di illuminare i problemi che stanno per l'appunto alla base delle spiegazioni dell'irreversibilità. Le conclusioni cui giunge Ageno è che l'irreversibilità dei processi macroscopici ha origine nell'indeterminazione quantistica fra energia e tempo.

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