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Stanislao G. Pugliese
CARLO ROSSELLISocialista eretico ed esule antifascista 1899-1937ed. orig. 1999, a cura di Paolo Soddu,trad. dall'inglese di Davide Panzieri,pp.
Nell'introduzione al volume di Pugliese, scritta negli ultimi mesi della sua vita, John Rosselli, figlio di Carlo, ha ricostruito con grande precisione la sfortuna editoriale e storiografica del fondatore di "Giustizia e Libertà", dovuta non solo alla precoce scomparsa del Partito d'azione, ma anche alle vicende politiche del nostro paese, al monopolio dell'opposizione esercitato a lungo dai comunisti legati al marxismo e all'Unione Sovietica, alla scarsa presenza, sulla scena politica e culturale, di quei partiti cosiddetti di terza forza che più potevano considerarsi (pur con le indubbie differenze) vicini alla lezione di Carlo Rosselli. Ora i tempi sono cambiati, l'erede, o meglio, uno dei due eredi del vecchio Pci - i democratici di sinistra -, si richiama apertamente (almeno a parole) al liberalsocialismo, e lo stesso Rosselli è stato tradotto di recente negli Stati Uniti con la sua opera più nota (appunto Socialismo liberale ). Non c'è dunque da stupirsi se un editore attento e informato come Bollati Boringhieri abbia deciso di pubblicare il saggio, già apparso in inglese presso Harvard University Press, di uno studioso italoamericano che ha cercato di ricostruire la vicenda biografica dell'uomo politico fiorentino.
Certo, come ha a ragione osservato ancora John Rosselli, il libro di Pugliese ha utilizzato soprattutto la storiografia e la memorialistica italiana esistenti, e in particolare, per la giovinezza, il volume del 1968 di chi scrive ( Carlo Rosselli dall'interventismo a "Giustizia e Libertà" ), e, per la parte successiva, la pionieristica Vita di Carlo Rosselli, scritta durante la seconda guerra mondiale, e pubblicata nel 1945, dal compagno di lotta e discepolo politico Aldo Garosci. Il merito innegabile del volume, tuttavia, é di fornire ai lettori di oggi un racconto piano e limpido, anche se a volte può apparire un po' superficiale, degli avvenimenti principali della troppo breve esistenza del fiorentino, a partire dalla formazione in Toscana, dall'incontro determinante con Gaetano Salvemini e dalla battaglia milanese con "Il Quarto Stato", diretto con Pietro Nenni in un anno, il 1926, che segnò la fine della libertà italiana e il consolidamento irreparabile della dittatura fascista. Altrettanto spazio, che diventa particolarmente sintetico per la ricchezza umana e culturale della vita in Francia, e poi in Spagna, di Carlo Rosselli, é dedicato dall'autore agli anni dell'esilio e della lotta antifascista alla testa del movimento di "Giustizia e Libertà", fondato a Parigi dopo la fuga dal confino di Lipari. Sino all'assassinio, nel 1937 a Bagnoles de l'Orne, ad opera di sicari francesi inviati dal governo fascista italiano.
A Pugliese, comunque, interessano particolarmente lo sviluppo del pensiero politico di Rosselli, i rapporti con le altre forze dell'antifascismo, inclusi i comunisti e i neosocialisti di Déat, così come l'analisi della dittatura. Un certo spazio occupa ovviamente anche l'attualità e la spendibilità delle idee di Carlo nel panorama politico e culturale odierno. Pugliese é del resto convinto che Rosselli, se fosse sopravvissuto, non sarebbe riuscito a esercitare, nell'Italia repubblicana, un ruolo essenziale. Si tratta di un'ipotesi difficile da dimostrare e che si basa soprattutto su una visione del nostro paese completamente schiacciato dalla guerra fredda e dallo scontro tra i due blocchi.
A ragione, invece, Pugliese insiste sugli aspetti originali del pensiero rosselliano, e in particolare sul binomio che associa i contenuti socialisti e i metodi liberali, binomio che senza alcun dubbio caratterizza il pensiero del fondatore di "Giustizia e Libertà." È inoltre senz'altro vero che, tra gli interpreti contemporanei del fascismo, Rosselli é tra quelli, come ricorda l'autore, che meglio seppero cogliere gli aspetti di novità, ma anche di continuità, che si ritrovano nella dittatura. Aspetti che una parte notevole del pensiero antifascista, anche per un certo dogmatismo marxista, ebbe difficoltà a cogliere. Proprio a partire da queste considerazioni, nella seconda parte Pugliese avrebbe potuto, a mio avviso, approfondire meglio i rapporti di Rosselli con gli sviluppi della cultura francese e britannica. Pur con questi limiti, il saggio dello studioso americano rappresenta tuttavia un'assai utile introduzione alle vicende del pensatore e politico italiano. Ancora in pochi, infatti, a sessantacinque anni dalla drammatica scomparsa, lo conoscono nel nostro paese.
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