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Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze
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Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze - Georges Didi-Huberman - copertina
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Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze

Descrizione


Ogni essere vivente emette flussi di fotoni. Ne esistono tuttavia di minuscoli per i quali la luce - sprigionata da una sostanza chimica, la luciferina - è parata nuziale, danza d'amore. Un grappolo di cinquemila lucciole produce a malapena il chiarore di una candela. Eppure quella fragile grazia, quel volteggio fosforescente che punteggiano il buio si sono prestati a considerazioni apocalittiche. «Darei l'intera Montedison per una lucciola», scriveva Pier Paolo Pasolini nel 1975, pochi mesi prima di venire ammazzato. Una fascinazione antica, la sua, che risaliva agli anni della guerra, quando osservava estatico «una quantità immensa di lucciole, che facevano boschetti di fuoco dentro boschetti di cespugli». La loro scomparsa gli appariva come un genocidio culturale, l'ultimo crimine di un nuovo fascismo peggiore del precedente: il neocapitalismo, con il suo fulgore artificiale, abbacinante. Da allora parlare di lucciole equivale ad alludere, per via di metafora, ai tratti del mondo umano che rischiano di eclissarsi di fronte all'avanzata irreversibile della stereotipia sociale. Corrono pericolo «uomini-lucciole», «parole-lucciole», «immagini-lucciole», «saperi-lucciole». Ma sono davvero condannati ad andare perduti? Nel suo libro più immediatamente politico, Georges Didi-Huberman coglie benissimo ciò che la disperazione impedì a Pasolini di vedere: che la barbarie non procede senza intoppi; che mettere avanti la rovina del tutto oscura i barlumi che resistono malgrado tutto; che chiudersi nel lutto per l'arcaico paralizza l'intelligenza del presente; che il nostro «adesso» è un montaggio di tempi diversi, da cui il passato non può essere bandito per sempre. Attraverso un confronto appassionato anche con Walter Benjamin e Giorgio Agamben, Didi-Huberman apre a un'idea di sopravvivenza. In questa prospettiva, il declino non prelude alla catastrofe antropologica, ma è risorsa vitale. Le sue armoniche sono le stesse degli atomi che cadono in Lucrezio: inventano forme, preservando «scintille di umanità».
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Dettagli

8
2010
17 giugno 2010
112 p., Brossura
9788833920559

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Antonio D'Agostino
Recensioni: 4/5

Oggi tutto "fa acqua"! Niente è compatto! Il catino che raccoglie il pensiero è pieno di crepe. Il grosso errore è quello di rincorrere capolavori , sempre. Oggi le scorie sono spesso più energetiche nel riattivare il pensiero che le monolitiche e astratte opere speculative : troppo coibentate e rotonde! Non è più il tempo dei classici , ma delle screpolature!

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m
Recensioni: 1/5

La parte su Pasolini può essere condivisibile, quella su Agamben fa acqua

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manlio brusatin
Recensioni: 5/5

Breve come si deve il testo di Georges Didi-Huberman, è l’evocazione della Scomparsa delle lucciole (L’articolo delle lucciole, in Corriere della sera, 1° febbraio 1975) di Pier Paolo Pasolini. Ora questo pezzo viene profeticamente innalzato per similitudine con la “scomparsa degli intellettuali”- che se hanno deciso di scomparire sarebbe peggio per loro. Didi-Huberman non si preoccupa della sparizione degli intellettuali. Anzi, da critico di storia delle immagini ha un fiuto filosofico non comune, e tende una corda vibrante tra Pasolini e Giorgio Agamben, due “estremistisi” assolutamente necessari sia come intellettuali che come persone. Quest’ultimo “uno dei filosofi più importanti, più inquietanti del nostro tempo” (p. 42). Vero. E’ la prima volta che lo spirito di finezza francese cerca e trova un filosofo, oggi, che in Italia ha la vera identità del filosofo, e ne fornisce le prove. Giorgio Agamben appunto e non il sindaco-filosofo che terrorizza a destra e a sinistra, come incarnazione della “categoria della (in)decisione” (recensione di Alfonso Berardinelli ad Hamletica, Adelphi, Milano 2009 in , “Sole 24Ore”, 22 novembre 2009), patrono di quegli intellettuali i quali hanno (sempre) ragione, ma “non hanno le prove “. Ecco questi non sono nemmeno lucciole, avendo voluto essere fari. Didi-Huberman, avendole ri-viste a villa Medici, non crede alla totale scomparsa delle lucciole. Il loro battito luminoso non è un miraggio ma l’immagine costante di verità&bellezza, seducente in quanto presente se intermittente. L’orizzonte che attira e acceca con la sua assoluta luminosità si dissolve di fronte ai bucolici “boschetti di fuoco dentro boschetti d’ombra” (Pasolini). E questo è forse il messaggio di autentiche sopravvivenze luminose, benché le patetiche lucciole si dividano morfologicamente in maschi con le ali e femmine senza le ali, e il tutto sia, in una magistrale notte, soltanto un balletto nuziale - ultimo e finale(segue).

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Conosci l'autore

Georges Didi Huberman

1953, Saint-Étienne

Georges Didi-Huberman (Saint-Étienne 1953), è uno dei maggiori filosofi e storici dell’arte francesi. Dal 1990 insegna all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Oltre a Scorze, pubblicato da Nottetempo, ricordiamo Aprire Venere. Nudità, sogno, crudeltà (Einaudi, 2001), L’immagine insepolta. Aby Warburg, la memoria dei fantasmi e la storia dell’arte (Bollati Boringhieri, 2006), Ninfa moderna (2004), La pittura incarnata (2008) tutte pubblicate da il Saggiatore; e La conoscenza accidentale (Bollati Boringhieri, 2011).

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