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Scritti politici. Tra giellismo e azionismo (1932-1947) - Vittorio Foa - copertina
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Scritti politici. Tra giellismo e azionismo (1932-1947) - Vittorio Foa - copertina
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Descrizione


Questa raccolta di scritti, che rappresenta una vera e propria biografia politica del giovane Foa, permette di cogliere non solo i tratti fondamentali del suo percorso politico-culturale in una fase centrale del fascismo (1932-35), durante la Resistenza (1943-45) e la costruzione della Repubblica (1946-47), ma anche la sua maturazione intellettuale e le basi della successiva militanza politico-sindacale nel movimento operaio (1948-70). Fin dai primi anni trenta, il lavoro e la sua organizzazione furono al centro degli interessi di Foa, impegnato a capire i meccanismi di sfruttamento insiti nel processo produttivo per smascherare la propaganda di regime. Dopo la carcerazione, Foa prese parte alla Resistenza e aderì al Partito d'Azione. Dai testi del periodo azionista emergono le sue riflessioni sui partiti, sulle autonomie e la partecipazione popolare ai processi decisionali, sulla Costituzione del nuovo Stato.
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Dettagli

2010
9 settembre 2010
CXLIV-284 p., Brossura
9788833921532

Voce della critica

Vittorio Foa avrebbe raggiunto i cent'anni il 18 settembre 2010. Se ne è andato il 20 ottobre 2008, un mese dopo il suo novantottesimo compleanno. Pochi intellettuali e uomini politici del nostro tempo hanno attraversato tanti decenni con eguale intensità di impegno politico e civile, e in misura ancor minore hanno scandito la propria vita in stagioni altrettanto feconde, diverse tra loro anche se legate da un filo rosso di fondamentale coerenza. Sono stagioni note, ma che fa una certa impressione elencare tutte l'una appresso all'altra: dalla giovanile milizia antifascista nelle file del gruppo torinese di GL, presto conclusasi con l'arresto e la condanna a quindici anni di reclusione, al lungo periodo di carcerazione, affrontato con grande serenità e occupato da un'intensa attività di studio; dalla frenetica attività di dirigente politico della Resistenza nelle file del Partito d'azione, nel quale rimase fino allo scioglimento, ai lunghi anni di impegno nel sindacato alla testa della Fiom e poi della Cgil di Di Vittorio e Santi; dalla breve ma intensa parentesi del Psiup al tentativo di "reinvenzione di una sinistra" attraverso l'impegno nelle sue formazioni minori degli anni settanta, fino al ruolo di grande autorità morale conquistato nella sinistra in preda, dopo il crollo del Muro di Berlino, a un disorientamento che non risparmiò nemmeno lui, ma al quale seppe opporre un'inesausta volontà di capire il presente e un quasi disarmante ottimismo. Chi un giorno o l'altro metterà mano alla biografia di Vittorio Foa e dovrà muoversi in questo percorso così accidentato, ma anche fondamentalmente coerente, si troverà di fronte un compito difficile e affascinante.
Gli scritti politici raccolti in questa antologia ripercorrono il suo itinerario dalla giovinezza alla maturità, comprendendo anche quelli (non molti) che risalgono al periodo precedente al suo arresto. Non manca nemmeno quello che segna il suo esordio come pubblicista, un saggio sul possibile ruolo dell'aumento dei salari durante la crisi economica, che per sua stessa ammissione avrebbe poi "rimosso" e che, studente ventiduenne appassionato di temi sociali, aveva inviato a "Problemi del lavoro", la rivista diretta da Rinaldo Rigola fiancheggiatrice del regime: un articolo breve, ma già rivelatore della centralità che per tutta la vita Foa avrebbe conferito al lavoro nello sviluppo della società. I successivi scritti appartengono alla stagione del lavoro clandestino, ed escono firmati con lo pseudonimo di "Emiliano" nei "Quaderni di Giustizia e Libertà". In essi Foa rovescia le tesi fasciste sulla capacità del corporativismo di conciliare gli interessi delle diverse categorie sociali, superando la lotta di classe nel supremo interesse nazionale: "Il fascismo – afferma con molta chiarezza – è l'antistorica, violenta ed artificiosa conservazione di classi e di ceti in piena decadenza ai quali il governo è strettamente e intimamente legato". La "bugiarda etichetta sociale" del corporativismo non è altro che la foglia di fico di un sistema incentrato sull'ingiustizia sociale e sul profitto delle classi più ricche. In generale colpisce in questi scritti, oltre all'efficace demistificazione della retorica del regime, l'analisi serrata di problemi concreti, sviscerati nei loro aspetti tecnici ed economici, "finalizzata – scrivono bene i curatori – ad acquisire coscienza dei processi reali in corso per prepararsi [in futuro] a governarli".
Tre scritti fra i meno noti, non più ripubblicati dopo che erano usciti sui "Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà", si collocano in quello che lo stesso Foa ha chiamato "il punto alto" della sua esperienza: i venti mesi della guerra di liberazione, nei quali egli rivestì un ruolo di dirigente di primo piano e insieme dimostrò una rara capacità di tradurre in termini chiari ed efficacissimi un'analisi che colpisce a tanti anni di distanza per la sua lucidità. Si tratta di uno scritto sui compiti del Comitato di Liberazione Nazionale, di una postilla a una lettera di Luigi Einaudi che aveva espresso il suo consenso per le tesi anticentraliste del Pda e di un commento piuttosto critico ai "Sedici punti" elaborati dall'esecutivo romano del Pda nell'agosto del 1944. Rincresce un po' che per una scelta editoriale dettata probabilmente da motivi di spazio non figurino nel volume (forse perché, a differenza degli altri, ripubblicati da Foa in Lavori in corso 1943-1946, Einaudi, 1999) gli articoli firmati Carlo Inverni e intitolati rispettivamente I partiti e la nuova realtà italiana e I partiti e le masse, che uscirono fra la primavera e l'autunno del 1944, ai quali nell'introduzione è dedicata grande attenzione. Dall'insieme di questi scritti emerge comunque la formulazione forse più "pura" della concezione azionista della rivoluzione democratica: con la sua carica di fiducia utopistica nella costruzione degli organismi di autogoverno delle masse, che i partiti possono promuovere e assecondare, ma di cui non sono più "lo strumento esclusivo ed essenziale"; ma anche con intuizioni molto realistiche, quali lo scetticismo sulla possibilità di arrivare a un effettivo rinnovamento dello stato italiano "col metodo puro e semplice della Costituente, cioè attraverso un dibattito di dottrine e di programmi di partito – senza che si sia già avviata una trasformazione nelle cose, senza che si sia già foggiata una nuova materia istituzionale". Non meno lucida e preveggente è l'affermazione che "ciò che l'antifascismo non ha realizzato e non potrà mai realizzare finché resterà antifascismo, ossia movimento polemico contingente e non costruttivo, astrattamente morale e non economico concreto, è il contatto coi milioni di italiani che di politica antifascista non sanno e non intendono".
In termini di pagine, circa la metà degli scritti raccolti nel volume appartiene alla fase successiva al maggio 1945, la data che Foa stesso avrebbe poi individuato come l'inizio della parabola discendente delle grandi speranze culminate nel "punto alto" del 1944: la fase segnata dall'esaurirsi del "vento del nord" e dal progressivo stritolamento fra i tre partiti di massa del Partito d'azione, vaso di coccio fra i vasi di ferro, stritolamento favorito anche dalla sempre più manifesta inconciliabilità fra le sue diverse anime. Foa assiste con trasparente preoccupazione e consapevole impotenza a questa fase, combattendo lealmente le sue battaglie, caratterizzate sempre, come osservano i curatori, "da un complesso e affascinante intreccio di idealità e concretezza". Formula analisi spesso lucidissime dei rapporti di forza tra le tendenze della conservazione moderata e quelle del rinnovamento, cogliendo gli elementi di incertezza e di tatticismo che condizionano negativamente le seconde: anche se non può non colpire la presenza molto limitata, in queste analisi, dell'orizzonte internazionale e della morsa che esso va progressivamente stringendo intorno alla politica italiana. Come viene correttamente notato da Colombini e Ricciardi, "il nucleo degli interessi di Foa, al di là delle dinamiche di partito, rimane l'economia": e qui le sue considerazioni sul tema del controllo sociale dell'economia e delle nazionalizzazioni, auspicate con scarsa convinzione dalle stesse forze della sinistra antifascista che per effetto dello statalismo fascista restavano diffidenti rispetto all'intervento pubblico nella vita produttiva, anticipano una riflessione storiografica di cui sarà egli stesso, meno di vent'anni dopo, uno degli interpreti più precoci e acuti.
Abbiamo richiamato spesso l'introduzione al volume dei curatori Chiara Colombini e Andrea Ricciardi: quasi centoquaranta pagine che rappresentano non solo una guida preziosa alla lettura, ma di fatto un corposo capitolo della biografia di Foa. Contribuiscono a renderla tale le frequenti incursioni negli archivi di Foa stesso e di altri dirigenti azionisti, con la citazione di interessantissime corrispondenze. A questo arricchimento si pagano però anche dei prezzi: da una parte la lunghezza spropositata delle note, che certo non agevola la lettura; dall'altro una ricostruzione che, fatti salvi concisi ma esaurienti riferimenti alla situazione storica di sfondo, è imperniata in modo forse troppo esclusivo sul Partito d'azione, e risulta poco dialogante con le altre voci che furono protagoniste di quella straordinaria stagione. Finisce così per uscirne offuscata la stessa originalità della posizione del Pda, con la sua lungimiranza che spesso confinava con la presbiopia politica, e, all'interno di questa, la lungimiranza di Vittorio Foa: del quale Colombini e Ricciardi hanno comunque il grande merito di far risaltare l'eccezionale statura intellettuale e politica. Aldo Agosti
 

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