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Se viceversa. Trenta pezzi facili e meno facili di matematica
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Se viceversa. Trenta pezzi facili e meno facili di matematica - Gabriele Lolli - copertina
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Se viceversa. Trenta pezzi facili e meno facili di matematica

Descrizione


Troppo spesso la matematica è considerata uno sterile esercizio, nel quale è sufficiente applicare le formule stampate nel libro di scuola per risolvere il problema che l'insegnante ha dettato alla lavagna (e sperare così di ottenere almeno un 6). È un errore colossale, che condanna la matematica ad essere concepita esclusivamente come un defatigante lavoro automatico e noioso, complesso solo in quanto intricato. Non c'è da stupirsi che generazioni di studenti, formati in questo modo, la trovino ostica e antipatica. Ma la matematica non è questo. Basterebbe insegnare ai ragazzi a trovare la formula, col ragionamento, invece che semplicemente applicarla, dandola per scontata, e cambierebbe tutto. Una dimostrazione matematica non è mai una scorciatoia che qualcuno ha trovato (chissà come) per fare i calcoli più in fretta; semmai, come scrive Gabriele Lolli, «è più simile ad una passeggiata, senza fretta, con deviazioni e ritorni e visite su percorsi laterali, in un paesaggio abitato da pensieri e parole». La matematica della scuola non abitua a pensare; è più simile allo studio della religione, nel quale si forniscono «verità» date per appurate, da mandare a memoria, senza badare al fatto che le si sia «capite» o meno e, soprattutto, negando agli studenti la gioia (e il brivido) di trovare da sé una propria verità, sulla quale poi discutere e argomentare. Che è poi quello che la matematica (quella vera) fa continuamente. A scuola l'insegnate chiede quanto fa 2+2; se un ragazzo risponde «4» va bene così, ma nessun insegnante continua chiedendo «e perché 2+2=4?». Se per caso a chiederlo è uno studente (che di mestiere dovrebbe proprio porre domande all'insegnante), viene addirittura guardato male, come fosse inopportuno, o peggio. Eppure la domanda è tutt'altro che stupida, come si può ben comprendere leggendo questo libro, e ha impegnato le menti di non pochi matematici. È questa la matematica interessante, quella che apre la mente e insegna a ragionare, quella che Gabriele Lolli non si stanca di insegnare da molti anni.
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Dettagli

2
2014
22 maggio 2014
308 p., Brossura
9788833925615

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maurizio .mau. codogno
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Il sottotitolo di questo libro, "Trenta pezzi facili e meno facili di matematica", è un po' fuorviante: sarebbe stato più corretto parlare di didattica della matematica, che è in efetti il fil rouge che lega i capitoli: molti di essi partono dalla rubrica che Lolli ha tenuto sul sito Polymath, altri sono rielaborazioni di interventi che ha fatto in varie occasioni. Anche Lolli, dal suo punto di vista più avvantaggiato del professore universitario che si ritrova studenti che pur avendo scelto di iscriversi a matematica si trovano spaesati, concorda con l'osservazione che la scuola (forse non solo quella italiana) tende a far considerare la matematica come lo studio presumibilmente mnemonico di formule, senza che nessuno o quasi si chieda cosa stia facendo. Non è poi così strano che questa concezione debordi addirittura in chi si vuole fare l'insegnante: un capitolo è per esempio dedicato agli strafalcioni letti tra le risposte a una prova di esame delle allora SSIS, le scuole di preparazione all'insegnamento. Quello che non mi è piaciuto del libro è che è troppo diseguale. La parte centrale, quella dedicata alla logica matematica che è il campo proncipale di studio di Lolli, richiede infatti una preparazione completamente diversa dal resto del libro, e ho dei forti dubbi di non essere riuscito a comprendere tutti i suoi ragionamenti, nonostante del tema io ne dovrei masticare un po'. Tenetelo presente!

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Voce della critica

  "'Se viceversa, continuò Tweedledee, era così, poteva esserlo; e se così fosse, lo sarebbe; ma dato che non è, non si dà. È logica' (Lewis Carroll, Trough the Looking-glass). In inglese il contrariwise di Tweedledee esprime meglio l'intenzione che ha guidato i miei interventi, che è quella di riflettere sempre se opinioni e pratiche correnti non siano da rivoltare, se non si debba guardarle da una prospettiva opposta, o almeno complementare, se le cose insomma non stiano al contrario. Avrei potuto usare il piemontese Bastian contrari, ma l'inglese di Carroll è certamente più elegante, e spero di potermi impossessare anche in parte del suo spirito". Così l'autore, in apertura della presentazione, spiega qual è stato l'intento che lo ha spinto a scrivere i pezzi facili raccolti in questo bel volume. Nonostante gli argomenti trattati siano i più vari, c'è un fil rouge che li lega tutti e che si articola a sua volta in tre tematiche di fondo. La prima riguarda la ricerca costante di fare (riuscendoci perfettamente) della "buona divulgazione". Oggi che la matematica è diventata di moda e che il numero di testi divulgativi che la riguardano cresce esponenzialmente di anno in anno, il pericolo che l'attenzione del lettore inesperto venga sollecitata ricorrendo a trucchi scorretti o a boutades improbabili (la matematica della camera da letto, tanto per intenderci, e altre analoghe stupidaggini) si fa sempre più incombente e uno stile "contrario", come quello con cui è scritto questo volume, sempre più necessario. La seconda è la sottolineatura dell'importanza dell'apprendimento dell'arte della dimostrazione. Come dice l'autore: "Finché non si è appresa quest'arte, o almeno non si è imparato ad apprezzarla, come si apprezzano le opere d'arte, non si può dire di sapere che cos'è la matematica". La terza, infine, è l'insistenza sul rapporto fra formalismo e significato, che l'autore sintetizza con grande efficacia in questo modo: "Bisogna ragionare astrattamente su oggetti concreti, per poter ragionare concretamente sull'astratto". Con queste premesse non ci si stupirà che gran parte dei pezzi (quattordici) siano dedicati ad argomenti di logica, della quale l'autore è maestro riconosciuto e incontrastato. Si passa così dalla domanda se l'induzione sia dimostrazione o scoperta, o se lo siano i disegni e le analogie, alle non-dimostrazioni di Euler, agli errori nelle dimostrazioni, a quelle inutili e a quelle basate sui calcoli, fino a terminare con la domanda (retorica) se serva ancora la logica. E non poteva mancare, naturalmente, visto il titolo, una godibile e acuta analisi del film Proof, uscito nelle sale nel 2006, con Gwineth Paltrow che interpreta il ruolo di una giovane matematica. Un vero piccolo gioiello è il pezzo (Se se allora allora) in cui le proprietà, e i paradossi, dell'implicazione sono analizzati in uno scoppiettante intreccio di formalismo e di giochi di parole. Valga come esempio del tipo di trattazione usata in quest'ultimo caso il seguente delizioso brain-teaser à la Raymond Smullyan: "Nell'isola del Furfanti (che dicono sempre il falso) e dei Cavalieri (che dicono sempre il vero), il Viaggiatore incontra due persone A e B e chiede ad A cosa sono. A dice 'se B è un Cavaliere, io sono un Furfante'. Il Viaggiatore capisce cosa sono? e come fa?". Non mancano, naturalmente, le parti di argomento più strettamente matematico. Particolarmente interessanti sono la prima (Intuizione geometrica e intuizione numerica), nel quale l'argomento viene trattato mediante interessanti considerazioni sul tesseratto (il cubo dello spazio a quattro dimensioni), e la ventiseiesima (Magie delle equazioni di primo grado). In quest'ultima facciamo la conoscenza con il Rag. Fantocci (con la c, non con la z!) alle prese con il calcolo del contributo Inps del 10 per cento su una prestazione occasionale il cui costo totale, compreso il contributo, deve ammontare a duemila euro. Fantocci ce la fa, ma, non conoscendo l'algebra e le equazioni, soltanto a prezzo di molta fatica e sudore. Pienamente godibili sono poi i capitoli dedicati ai rapporti fra matematica e altre tematiche: lentezza, assurdo, autismo, psicoanalisi, New Math (secondo Gödel), letteratura, libertà. Limitiamoci ad approfondirne due. Nel 2004 la rivista "Liberal" pubblicò un dossier intitolato Matematica addio? che conteneva fra l'altro un articolo del noto psicoanalista James Hillmann dal titolo L'immaginazione al potere, la cui tesi principale era che il "movimento decostruzionista", iniziato nel Novecento da Schönberg, Proust e Einstein (sic) e culminato nel 1968, si esprime nel rifiuto della matematica da parte degli studenti. Ora, come tutti sanno, è sempre molto difficile per chi è esperto di una materia discuterne con chi dimostra chiaramente di non avere la più pallida idea di che cosa si tratti o, per dirla con Lolli, con chi "sfrutta la sua padronanza di un gergo specialistico, misterioso e attraente, per imbellettare ideologie di povero conio". Il nostro autore risolve il problema riassumendo con chiarezza in otto punti successivi le confuse argomentazioni di Hillmann che occupano più di dieci pagine a stampa. L'esito esilarante è assicurato (si veda per tutti il quinto capitolo: "La matematica, a differenza dei tempi di Pitagora e dell'armonia delle sfere, non ha più niente a che fare con la musica … quella che oggi gli studenti ascoltano e suonano è in larga misura svincolata dalla propria struttura matematica" e il rimedio suggerito da Hillmann (ridar vita alla magia e alla musica delle sfere celesti!)). Nel ventisettesimo capitolo invece, ci viene proposto e commentato un testo poco conosciuto di Kurt Gödel in cui il più grande logico di tutti i tempi (insieme ad Aristotele e a Frege), rispondendo a una lettera del 1971 di uno studente di college espone il suo punto di vista (chi l'avrebbe mai detto?) su come si debba insegnare la matematica elementare, inserendosi così, seppure non di propria iniziativa, nel dibattitto che allora infuriava sulla cosiddetta New Math. Al termine di questo libro appassionante il lettore avveduto si accorgerà di sicuro che i trenta pezzi facili del sottotitolo sono in realtà ventinove. Il colpo di coda di un Bastian contrari?   Alberto Conte  

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