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recensione di Corulli, M., L'Indice 1989, n. 4
Il termine relativamente recente di "borderline" (è del 1949 un articolo di Paul Hoch e Philip Polantin su Psychiatric Quarterly) e reso nella lingua italiana con "marginale"; significa semplicemente ai margini, ai confini o meglio negli interspazi tra le varie categorie di forme psichiche. Nato dunque per esigenze di classificazione per indicare una combinazione di aspetti e disturbi - stabili nell'instabilità - che non rientravano nelle classificazioni precedenti, le sindromi borderline hanno assunto un significato importante per le esigenze terapeutiche che sollevano e le innovazioni di tecnica terapeutica che hanno comportato.
Harold Searles racconta in questo volume le sue esperienze di venti anni di lavoro nella clinica di Chestunt Lodge con pazienti gravemente disturbati e come psicoanalista didatta con psichiatri, psicologi, operatori sanitari. Di piacevole lettura (anche per via della buona traduzione) e denso di contenuti, Searles mostra una grande attenzione alle vicende della vita esterna dei pazienti come ai recessi più profondi ed arabescati della vita psichica. Ne nascono pagine di grande abilità descrittiva sulla gelosia verso aspetti interni a se stessi, sulle identificazioni non umane, sui disturbi del pensiero, il distacco dalle proprie emozioni e conseguentemente la mancanza di genuino contatto con gli altri.
Mentre nella visione di Freud il malessere nasce dal conflitto tra aspetti interni alla vita psichica del paziente, Searles si impegna a sondare i difetti di sviluppo, quanto è venuto a mancare e che forse l'analista può cercare di restituire, pur tardivamente. Come curare qualcuno sempre spaventato di fronte alle difficoltà della vita e della condizione umana e nello stesso tempo incapace di tollerare quella burrasca di emozioni che lo agita, ipersensibile alla critica, ma rigido nel proprio modo di pensare fino al punto d'essere costretto ad isolarsi, di rompere i rapporti con le persone a cui vuole bene? Il soggetto "borderline" sembra impersonare un conflitto adolescenziale ed insanabile tra ragione ed emozione, tra intelligenza e pulsione, utilizzando la prima per difendersi dal provare ogni sentimento.
La cura sarà possibile solo a condizione che l'analista si offra ad una relazione affettiva sincera e profonda, si impegni nel cercare di sperimentare, provare la sofferenza del paziente ed ascoltare cosa egli sente nell'identificarsi con il paziente. Così il sentire dell'analista, la controtraslazione (di prossima pubblicazione da Franco Angeli il lavoro più specifico di Searles su questo argomento), diventa il luogo specifico di raccolta del materiale da analizzare.
L'analista disposto a vivere le vicissitudini di una difficile relazione può così trovarsi a vestire gli abiti dell'onnipotenza come quelli della diabolicità, ma solo attraverso questo travaglio potrà consentire al paziente di formarsi una immagine un po' più stabile ed integrata di se stesso e di poter tollerare di volere bene, con tutti i rischi che amare comporta.
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