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Il cuore dell'albero della Bodhi - Buddhadasa - copertina
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Descrizione


Come l’albero della bodhi sotto il quale il Buddha Siddharta raggiunse l’illuminazione è cavo, così il buddhismo si accentra sulla dottrina della vacuità, del vivere con una mente vuota, priva delle sensazioni di ‘io’ e ‘mio’. La dottrina della vacuità costituisce l’aspetto fondamentale del pensiero di Buddhadasa, uno dei maestri più significativi e discussi del buddhismo thailandese contemporaneo. Contrario da una parte all’ortodossia e al rigido dogmatismo scolastico, e dall’altra al buddhismo popolare inquinato dalle superstizioni, Buddhadasa ha dedicato tutta la vita allo studio dei sutta pali per risalire agli insegnamenti veramente capaci di liberare tutti gli esseri dalla sofferenza. Senza cadere nel rigido settarismo delle posizioni mahayana e hinayana, si è sempre sforzato di rimanere fedele al buddhismo originario. I tre discorsi che compongono questo libro si accentrano sull’insegnamento e la pratica della sunnata, considerata la chiave per interpretare e mettere in pratica tutti gli altri concetti e metodi tradizionali. Risalendo ai molti passi del Canone pali in cui il Buddha stesso espone la dottrina della vacuità, e correggendo le credenze popolari sul kamma, la rinascita e l’accumulo dei meriti, Buddhadasa delinea un Dhamma essenziale, semplice e accessibile ai monaci e ai laici contemporanei.
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Dettagli

1991
29 aprile 1991
116 p., Brossura
9788834010211

Voce della critica

BUDDHADASA, Io e mio. Gli insegnamenti di un maestro buddhista tailandese, Ubaldini, 1991
BUDDHADASA, Il cuore dell'albero della Bodhi, Ubaldini, 1991
scheda di Comba, A., L'Indice 1992, n. 3

Questi due volumi raccolgono una scelta essenziale di conferenze e discorsi tenuti da Buddhadasa nell'arco di un ventennio, dal 1958 al 1976, di fronte a vari tipi di pubblico: medici dell'ospedale di Bangkok, assistenti sociali, studiosi dell'università di Chulalongkorn, praticanti e discepoli del monastero di Chaiya. L'ottantaquattrenne maestro denuncia ormai da tempo l'eccessivo attaccamento dei buddhisti ai riti religiosi che vengono celebrati per acquisire meriti e assicurarsi rinascite migliori. Occorre tornare a rileggere il canone 'pali' e capire le parole di Buddha, verificarle con la pratica meditativa. L'interpretazione che Buddhadasa ne dà è estremamente anticonformista, e persino la fondamentale dottrina del 'paticca-samuppada' ("genesi condizionata") viene spiegata in modo diverso dal tradizionale 'Visuddhimagga' di Buddhagosa. I bersagli dei suoi strali sono molteplici: coloro che si attaccano a un maestro e a strampalate pratiche ascetiche perché cercano segni miracolosi e portenti, coloro (specie gli occidentali) i cui studi "non sono diretti all'estinzione della sofferenza, ma a diventare docenti e filosofi", coloro che chiedono alla religione di diventare uno strumento di protezione dalle malattie, dalla sfortuna, dai pericoli esterni. In realtà il buddhismo insegna ad affrontare i propri nemici interni. Chi è vuoto di "io-mio" e ha una retta comprensione crea un mondo di pace e contribuisce a un sistema politico ed economico equilibrato, il "socialismo dhammico".

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