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Melanie Klein e il suo impatto sulla psicoanalisi oggi. Vol. 2: La pratica. - Elizabeth Bott Spillius - copertina
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Melanie Klein e il suo impatto sulla psicoanalisi oggi. Vol. 2: La pratica. - Elizabeth Bott Spillius - copertina
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Descrizione


Questa raccolta di contributi, a opera di colleghi o seguaci di Melanie Klein, riveste un enorme interesse storico in quanto permette, da una parte, di valutare l'importanza del pensiero kleiniano per la discussione psicoanalitica contemporanea e, dall'altra, di apprezzarne l'evoluzione, la vitalità e il potenziale di crescita ancora ai nostri giorni. L'esperienza chiave che influenza tutta l'opera di Melanie Klein è costituita dal fatto che iniziò il suo lavoro con i bambini.?Melanie Klein non perse mai di vista il bambino inteso come persona che lotta con forze turbolente, senza ridurlo a un insieme di fantasie inconsce e meccanismi mentali. Il materiale clinico tratto dal lavoro con i bambini le fornì una vasta gamma di fatti da spiegare e la condusse infine a sviluppare nuove teorie. I contributi raccolti da Elizabeth Bott Spillius nel primo volume sono di natura essenzialmente teorica, e sono distribuiti secondo quattro temi principali: l'analisi degli psicotici, il lavoro sull'identificazione proiettiva, lo sviluppo della teoria del pensiero e le nuove idee sulle organizzazioni mentali patologiche.?Il volume successivo tratta principalmente della pratica, clinica e applicata: tecnica, descrizioni cliniche di pazienti e adulti, analisi infantile, applicazione delle idee kleiniane in altri campi e discipline.
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Dettagli

1995
16 maggio 1995
352 p., Brossura
9788834011669

Valutazioni e recensioni

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Negli anni recenti la tecnica terapeutica caratteristica dell’approccio kleiniano si è andata notevolmente perfezionando, fino a includere un attento esame del processo terapeutico stesso. In questo volume, che comprende i resoconti dettagliati del lavoro clinico svolto con bambini e adulti, la Bott Spillius riunisce articoli classici e altri mai pubblicati per chiarire gli elementi principali della tecnica kleiniana.

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Voce della critica


recensione di Ferretti, A., L'Indice 1996, n. 2

È uscita in italiano in questi mesi l'antologia "Melanie Klein Today (Melanie Klein e il suo impatto sulla psicoanalisi oggi)", con un certo ritardo sulla prima edizione inglese dell'88, dovuto a sfortunate vicende editoriali. Dal momento che il senso della raccolta è fotografare il work in progress degli analisti kleiniani e rintracciarne le linee di sviluppo e di cambiamento, questo ritardo della pubblicazione italiana accentua il valore storico del lavoro di Spillius, mentre la sua qualità di mappa di percorsi in atto ne risulta un po' snaturata.
La raccolta di Spillius si pone come una ripresa e una continuazione del lavoro di sistemazione della ricerca teorica e clinica dei kleiniani iniziato col volume "New directions in Psychoanalysis", curato da Melanie Klein stessa, con Paula Heimann e Roger Money-Kyrle, pubblicato nel 1955 (anche quello arrivato da noi con notevole ritardo: "Nuove vie della Psicoanalisi" esce solo nel 1966 con Il Saggiatore). Come il "New directions", anche questa antologia non è solo un'occasione per portare a conoscenza del pubblico saggi rilevanti ma poco noti: con una o due eccezioni, tutti gli scritti di Bion, Joseph, Segal, Meltzer, Bick, Jacques che compaiono in questi due volumi sono già stati pubblicati e tradotti in italiano.
"Il Melanie Klein Today" ha un obiettivo diverso sia dai tre volumi de "Lo sviluppo kleiniano" (Borla, 1982), in cui Meltzer propone una brillante interpretazione della storia del movimento kleiniano lungo l'asse Freud-Klein-Bion, sia dai due libri di Hinshelwood, "Il dizionario di psicoanalisi kleiniana" del 1990 e "Il modello kleiniano nella clinica", uscito l'anno scorso da Raffaello Cortina, entrambi testi più divulgativi e didattici, che rischiano però di appiattire la complessità e l'articolazione delle idee che intendono spiegare. Il lavoro di Spillius si collega piuttosto alla preoccupazione che Ernest Jones aveva espresso nell'introduzione al "New directions": Jones sapeva che una teoria ha bisogno di seguaci, di persone che la sperimentino, la modifichino, ne escludano le parti meno vitali e sviluppino le altre. Il "Melanie Klein Today" si propone di tracciare una mappa dei movimenti avvenuti nella psicoanalisi kleiniana nei trent'anni intercorsi fra la prima raccolta e questa, documentando proprio la vitalità di un modello teorico che va incontro a modificazioni, sviluppi, ampliamenti e ridefinizioni nelle mani del gruppo dei kleiniani inglesi, che condividono un metodo clinico rigoroso e praticano uno scambio sistematico delle idee e delle esperienze attraverso una fitta rete di incontri, seminari, meetings, conferenze. La Spillius è un membro importante di questo gruppo, e inoltre ha alle spalle una solida formazione di antropologa: si direbbe che il suo interesse per descrivere i rapporti tra una cultura, in questo caso scientifica, e il gruppo che si è identificato con essa sia legato anche a questa sua provenienza.
La scelta di Spillius di raccogliere insieme lavori ad alta intensità teorica e lavori che sviluppano approfondimenti di singoli aspetti clinici, saggi di analisti che hanno portato innovazioni teoriche rilevanti o geniali (Bion più di tutti, ma anche Rosenfeld, Segal, Joseph), e saggi di analisti la cui creatività si sostanzia nel lavoro clinico piuttosto che in quello teorico, offre un quadro di come lo sviluppo della teoria e della tecnica collegata a essa proceda bilanciando intuizioni cliniche, nuove ipotesi teoriche, esplorazioni e nuove verifiche cliniche, elaborazioni concettuali, nuove sistemazioni teoriche, e come questo richieda il lavoro comune di un gruppo.
L'antologia è divisa in varie sezioni, e a ogni gruppo di scritti Spillius premette una breve introduzione in cui mette a punto la storia e l'impostazione teorica dell'argomento. Spillius ha una particolare cura nel rilevare tanto gli elementi della teoria che sono entrati ormai così profondamente nell'uso da essere diventati scontati (ad esempio il tema edipico, talmente centrale per tutta la riflessione psicoanalitica da essere diventato quasi un po' sfocato), quanto gli elementi che invece hanno subito un'evoluzione dando luogo a nuove idee e nuove concettualizzazioni sui quali di volta in volta si è focalizzata la riflessione e il dibattito, e infine altri elementi ancora la cui trasformazione si è prodotta silenziosamente attraverso variazioni minime, rimaste implicite a lungo nei lavori scritti degli analisti, ma diffusesi per altre vie; trasformazioni implicite che Spillius aveva già esplorato e cominciato a mettere in luce in un interessante lavoro dell'83 ("Some developments from the work of Melanie Klein*), qui ripreso e ampliato nelle introduzioni ai due volumi della raccolta, e in particolare al secondo.
Un bell'esempio di quest'ultimo tipo è l'analisi del cambiamento del linguaggio usato dagli analisti kleiniani nel vivo dell'analisi, che è virato lentamente nel corso degli anni dall'identificazione delle parti corporee implicate simbolicamente nelle fantasie inconsce (i famosi seni e peni e capezzoli che producevano qualche effetto esoterico e un po' straniante) a un linguaggio quotidiano e usuale, che evita per quanto possibile la traduzione simbolica, e tende a descrivere le funzioni degli oggetti più che la loro identità anatomica, funzioni che si esplicano sul piano mentale e non più corporeo.
Nell'introduzione generale ai due volumi Spillius chiarisce anche le scelte operate, tra i molti scritti degli analisti kleiniani, con lo scopo di mettere in luce i temi che sono stati gli assi portanti di nuove formulazioni prevalentemente teoriche: l'analisi degli psicotici, lo sviluppo della concettualizzazione sull'identificazione proiettiva, la teoria del pensiero, la formulazione del concetto di organizzazione patologica, che occupano il primo volume, dedicato alla teoria; nel secondo, dedicato alla pratica, trovano posto le nuove formulazioni prevalentemente cliniche: la tecnica, l'analisi degli adulti, l'analisi dei bambini, l'applicazione di idee kleiniane in altri campi. L'edizione inglese porta sui due volumi la dizione "Mainly theory" e "Mainly practice", allusione al fatto che la tradizione scientifica kleiniana impone che ogni scritto sia sempre rigorosamente basato sulla clinica, e che le idee teoriche espresse portino con sé gli eventi clinici che le hanno ispirate: quindi tutti i saggi, del primo come del secondo volume, recano la stessa impostazione.
È anche interessante notare qui la differenza con il "New directions", che evitava l'idea di nuove teorie, indicando appena nuovi orientamenti: mentre negli anni cinquanta i kleiniani erano molto cauti nel sostenere di avere nuove teorie, quarant'anni dopo il gruppo inglese è ben conscio di avere formulato alcuni dei concetti teorici chiave per lo sviluppo della psicoanalisi. La formulazione kleiniana delle posizioni schizoparanoide e depressiva che ha posto le basi psicoanalitiche per il trattamento degli stati psicotici, ed è poi stata ripresa e ampliata da Bion che ne ha fatto la chiave di volta delle dinamiche intrapsichiche, la concettualizzazione ancora di Bion del rapporto tra contenitore e contenuto come matrice del pensiero e la teoria del pensiero che ne è derivata, la concettualizzazione dell'identificazione proiettiva come base della comunicazione primitiva non verbale e contemporaneamente primitivo sistema difensivo, le recenti elaborazioni sull'organizzazione patologica sono concetti teorici di tale rilevanza che tutte le correnti psicoanalitiche hanno dovuto confrontarsi con essi, e spesso importarli e assorbirli all'interno di altre cornici di riferimento teoriche.
Un'altra differenza rispetto al volume "New directions" segnala un mutamento di prospettiva: là gli articoli erano divisi in due gruppi, psicoanalisi clinica e psicoanalisi applicata e nella prima sezione ampio spazio era dedicato agli scritti sull'analisi infantile, mentre cominciavano a comparire alcuni lavori dedicati all'analisi degli psicotici: infatti, negli anni trenta e fino alla metà degli anni quaranta l'asse portante dello sviluppo, sempre radicato nella clinica, era stato l'analisi dei bambini, che aveva permesso la comprensione delle angosce primitive e dei sistemi difensivi che consentono di affrontarle e strutturano al tempo stesso lo sviluppo; ma dalla metà degli anni quaranta e per tutti gli anni cinquanta gli strumenti teorici sviluppatisi con l'analisi dei bambini permettono a molti analisti di tentare l'analisi di pazienti psicotici, imprigionati nello stesso viluppo di angosce e difese primitive.
In questo campo, Bion, Rosenfeld e Segal segnano tappe miliari per l'approfondimento della teoria: in particolare, la fondamentale intuizione di Bion che individua nella relazione precoce del neonato con la madre il luogo in cui i caotici eventi emotivi della vita neonatale acquistano direzione e senso nel momento in cui la madre li accoglie, dà loro senso e li restituisce comprensibili al bambino, fin quando l'universo del bambino, modellato dalle linee di forza delle relazioni umane fondamentali acquista senso, diventa comprensibile e pensabile, mentre l'esperienza ripetuta di essere capito può essere fatta propria dal bambino e dare luogo alla formazione di un apparato mentale autonomo.
L'identificazione proiettiva, un'ipotesi che Klein già alla fine degli anni quaranta aveva formulato per spiegare come intere parti dell'Io potessero essere proiettate nell'oggetto ed essere poi sentite identificate con esso, viene ora intesa come lo strumento comunicativo primario, grazie al quale il neonato trasmette per vie non verbali i suoi contenuti emotivi-sensoriali-somatici alla madre. Questa ridefinizione del concetto di identificazione proiettiva, che viene da Bion connessa intimamente con la sua teoria sullo sviluppo del pensiero spalanca un nuovo campo di ricerca, su cui gli analisti kleiniani non hanno ancora cessato di lavorare: a esso è dedicata la seconda sezione del volume sulla teoria, che riporta alcuni dei saggi più importanti sull'argomento, di cui sia quello di Bion "Attacchi al legame", sia quello di Joseph "Identificazione proiettiva, aspetti clinici" sono diventati dei classici sull'argomento.
L'elaborazione teorica di queste idee ha comportato un enorme aumento della possibilità di comprendere e concettualizzare tutto il campo della comunicazione non verbale, consentendo di approfondire la comprensione dei fenomeni transferali da lato (si veda l'importante lavoro di Joseph, "Il transfert come situazione totale") e di aprire la strada all'esplorazione dei fenomeni controtransferali e al loro significato. Questo ha portato alla comprensione di come l'analista possa utilizzare l'intera gamma delle proprie reazioni emotive al paziente per comprendere gli eventi relazionali della seduta.
Questa possibilità, a sua volta, ha permesso l'esplorazione di un'altra gamma di fenomeni clinici, quelli presentati da pazienti che non sono n‚ nevrotici (la sofferenza nevrotica è quella esplorata da Freud, dove l'Io è in conflitto con il suo inconscio, ma il rapporto con la realtà è integro), n‚ psicotici (dove il conscio e l'inconscio sono poco o niente differenziati, e di conseguenza l'Io è fragile e il rapporto con la realtà alterato), ma appartengono alla zona intermedia della gamma, borderline appunto: personalità dove, accanto ad aree relativamente funzionanti della vita e della personalità, si trovano restrizioni, blocchi o alterazioni più o meno gravi della personalità stessa e dello spazio relazionale che può occupare.
D'altra parte, le persone che fanno ricorso all'analisi appartengono sempre di più a questo gruppo piuttosto ampio e dai contorni sfumati. Il trattamento di questi pazienti ha posto difficili sfide all'analisi stessa, sia per il modo concreto e agito con cui comunicano, proprio a causa dell'esistenza di gravi scissioni interne, che permettono un contatto scarso o distorto con se stessi e il proprio mondo interiore, sia per la tendenza a stabilire relazioni esercitando pressioni più o meno sotterranee sull'analista ad assumere ruoli, a interpretare parti e figure del loro mondo interno piuttosto che attraverso una comunicazione verbale diretta.
La ricerca degli ultimi trent'anni si è focalizzata su questo gruppo, caratterizzato da analisi molto lunghe e difficili, con lunghi periodi di stasi o impasse, che mettono a dura prova paziente e analista; anche altre correnti psicoanalitiche hanno lavorato su questi temi, come Kohut e Kernberg negli Usa; ma a differenza di questi, i kleiniani, come è nella loro tradizione, piuttosto che esplorare modificazioni della tecnica, hanno lavorato tenendo fermo il metodo analitico, e hanno cercato invece di ampliare la comprensione di questi fenomeni; sono venuti così sviluppando l'idea che questi pazienti siano presi dentro le maglie di una complessa organizzazione patologica, e che questa sia una struttura particolarmente resistente al cambiamento, al cui interno le relazioni interpersonali e intrapsichiche hanno una natura patologica che restringe l'evoluzione della personalità, ma riesce anche ad assicurare comunque un certo grado di funzionamento.
Diversi saggi mostrano i vari momenti dell'esplorazione e della concettualizzazione intorno all'organizzazione patologica: Rosenfeld la collega al sostanziarsi clinico dell'ipotesi teorica dell'istinto di morte; Brenman ne descrive gli effetti in termini di ristrettezza mentale; Rey visualizza l'area cosiddetta borderline, dominata da un tipo di relazione perennemente in bilico tra rischi di ritiro e pericoli di invasione, come un instabile confine tra angosce claustro e agorafobiche; Sohn mette in luce la radice dell'organizzazione patologica nelle relazioni narcisistiche in cui l'oggetto non è riconosciuto come tale ma è vissuto e percepito come parte del Sé; O'Shaughnessy evidenzia la lentezza e la natura anomala dello sviluppo, ma documenta anche attentamente un'evoluzione positiva all'interno di un lungo percorso analitico, mentre l'indimenticabile "Addiction to near death" di Joseph (mal tradotto con "Drogarsi di quasi morte") identifica la natura tossicomanica della dipendenza del Sé dalla struttura e dalle relazioni patologiche; e da ultimo Steiner comincia una sistemazione teorica di tutte queste nuove idee, a cui darà seguito nel suo libro, "Psychic Retreats", di prossima pubblicazione in Italia.
Il secondo volume, "Mainly practice", dedica la prima sezione ai cambiamenti della tecnica; i saggi presentati esplorano tutti le conseguenze sul piano della tecnica del lavoro di Bion sull'identificazione proiettiva collegata alla sua teoria sulle condizioni e le dinamiche che permettono la nascita e lo sviluppo del pensiero: l'implicazione per la tecnica è che l'attenzione deve essere rivolta a mettere a fuoco l'immediatezza della situazione emotiva in seduta; diventa quindi cruciale l'attenzione al contro-transfert, inteso come lo strumento che riceve l'agire inconscio del paziente, mentre rivive in seduta emozioni e relazioni del passato, piuttosto che pensarle o comunicarle a parole. Di conseguenza, l'elemento in grado di generare il cambiamento psichico è individuato nel contatto emotivo con l'analista e con l'esperienza inconscia che viene rivissuta lentamente e faticosamente nell'ambito della relazione transfert-controtransfert. L'attenzione della ricerca si sposta ai problemi dell'uso del controtransfert come fonte di informazioni sul paziente, e al problema di come integrare l'attualità dell'esperienza analitica con il passato del paziente.
Le due sezioni seguenti, dedicate all'analisi degli adulti e all'analisi dei bambini, mostrano interessanti esempi del modo in cui diversi analisti in momenti diversi usano i concetti teorici per esplorare le realtà cliniche. La parte dedicata all'analisi infantile, che pure contiene saggi molto brillanti, testimonia anche del fatto che oggi l'analisi infantile non è più un tema in primo piano nel dibattito psicoanalitico kleiniano; oggi pochi analisti lavorano con bambini, mentre il campo della psicoterapia psicoanalitica si è enormemente ampliato e gli analisti collaborano soprattutto alla formazione degli psicoterapeuti infantili.
L'ultima sezione è dedicata alla psicoanalisi applicata, e anche qui i diversi saggi segnalano un cambiamento ormai molto sedimentato: caduta ogni pretesa che la psicoanalisi fornisca concetti esplicativi applicabili altrove, il modo di pensare psicoanalitico può essere usato per avvicinare altri campi, producendo a volte effetti quasi giocosi, come nel divertente saggio della Spillius stessa; altri lavori, come quello di Menzies e quello di Jacques, accennano e ricordano il largo uso di concetti e modi psicoanalitici di pensare che sono stati mutuati nelle scienze sociali e nel campo dell'assistenza.

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