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Un protagonista antipatico non giova certo all'autore e alla storia che sarebbe anche ben costruita e verosimile,ma Aurelio Zen è decisamente insopportabile,stupido,arrogante e incapace. Ci sono poi continue sparate dell'autore sulla inaffidabilità degli italiani,intesi come singoli e come popolo,sull'arretratezza culturale dei siciliani,presentati sempre come trogloditi ignoranti e violenti,salvo poi ritrovarsi con due mafiosi che giocano a scacchi all'ombra di un carrubo secolare(mah!),per non parlare della sporcizia e degrado delle città (non se ne salva una)e della corruzione,incapacità e inaffidabilità dei funzionari tutti,di qualsiasi genere ,dalle poste alla questura. Naturalmente poi vengono descritti come animi nobili,coraggiosi e civilizzati gli hooligans del Celtic in trasferta nel bel paese,notoriamente dei gentiluomini nei modi e nei comportamenti. E' il secondo romanzo di questo autore che leggo dopo "Laguna Morta" e non credo ce ne sarà un terzo.
Sorprendente storia ambientata in Sicilia di un autore britannico che evidentemente è rimasto incantato dal panorama della valle dell'Etna, dagli agrumeti, dal dialetto locale, creando un vicequestore funzionale e ben inserito nel contesto, dal nome evocativo di Aurelio Zen. Tratteggio della Sicilia, con riferimenti a eventi realmente accaduti, come le stragi mafiose e le attività delle cosche, preciso e documentato. Si evince una regione staccata dal continente, un po' a sé stante, per la quale non sarà la costruzione di un ponte a farle fare passi avanti nell'italianizzazione in senso lato. Esistono infatti, in questa terra martoriata da un sole incessante, ma anche da un'omertà inscalfibile, contraddizioni tra la modernizzazione tentata da qualche istituzione, e l'arcaica strutturazione delle "famiglie", nelle quali le situazioni si risolvono sempre grazie alle connivenze a ogni livello e al riparo dalla legge. Dibdin ce ne illustra puntualmente questi aspetti con tratto sicuro e privo di fronzoli, rendendo bene quanto lunga sia la strada affinché i cosiddetti "poteri forti" smettano di danzare strettamente allacciati alla criminalità organizzata.
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