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Un libro panico. Libro di piaceri, subliminale e sublime. Forse solo la potenza della parola non detta, della voce di chi è senza voce e del corpo di chi non ha più un corpo può avvicinarsi a queste liriche del poeta Brancale. Avvicinerei la sua poetica a quella di un Pascoli, dove nel fanciullo si sprigiona eros e potenza bianca. Mi ha aperto, non solo il cuore. Lo consiglio a tutti. Forse si potrebbe accostare ad alcune liriche della Valduga, per il sottile gioco sulla doppia lingua (traduzione e registri connessi) e a Mussapi o a Bevilacqua per leggerezza mista a potenza. Forse, però, andrebbe letto sorseggiando un buon vito e guardandosi un film tenebroso. C'è molto cinema, in questa poetica. Molto Compriamolo, non lasciamo che un altro poeta si perda. O forse no, lasciamo che si perda, è questo il suo destino. La sua essenziale essenza, l'estasi sublime di un vino che si decanta e non si beve. Troppo forte e sublime. Ah, liquor fati, liquore degli dei. Grazie per le emozioni che mi hai dato
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