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Anno edizione: 2024
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Nella fase postrisorgimentale la giovane nazione italiana era ancora un paese largamente arretrato, però la classe dirigente del nuovo stato non era per nulla provinciale. Al contrario, conosceva la letteratura internazionale e si confrontava con i principali argomenti del dibattito europeo. Una riprova di questo assunto la fornisce questa riproposta dell'ultimo scritto di Minghetti. Pubblicato nel 1885, l'intervento dello statista bolognese prende spunto dal saggio di Herbert Spencer sul rapporto tra l'individuo e lo stato, articolando una riflessione sul tema dei limiti dell'intervento pubblico in campo economico. In quella stagione, in tutta Europa, lo sviluppo dell'economia e l'emergere della questione sociale mettevano in discussione la concezione dello stato come guardiano notturno. Minghetti affronta il tema senza sostituire una nuova dogmatica a quella precedente; a suo avviso, infatti, i compiti dello stato non possono essere determinati a priori in base a una dottrina teorica, ma vanno individuati, volta a volta, tenendo conto delle particolari condizioni morali e sociali di ciascun paese. In sostanza Minghetti non rinnega il principio della libertà economica, ma cerca di definire in quali settori la mano pubblica può vantaggiosamente sostituire o integrare l'iniziativa privata. Se le posizioni di Minghetti rimandano alla situazione politica del tempo, perché si possono leggere anzitutto come una risposta di governo alle sollecitazioni del nascente socialismo, la loro articolazione rivela una più ampia consapevolezza. L'individuazione dei campi d'intervento, infatti, non può essere un'operazione da compiere passivamente sulla scorta di una pressione esterna cui occorre rispondere, ma rimanda a una metodologia di analisi che sappia combinare empiria e storia, orientando le scelte politiche.
Maurizio Griffo
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