La taverna del Doge Loredan

Schultz, editore e tipografo veneziano, ha ritrovato un manoscritto non a Saragozza ma in cima ad un armadio. E’ privo di titolo e nome dell'autore e in alcune parti le pagine sono scomparse e vanno ricostruite inventando gli eventi mancanti. Il romanzo è ambientato ai primi dell’800 (epoca napoleonica) mentre Schultz vive ai giorni nostri. Vi si narrano le avventure di una bellissima e focosa veneziana, proprietaria della Taverna del Doge Loredan a Londra, contesa tra Terry Fielding, capo della malavita inglese e suo amante da lunga data, e il giovane Jacob Flint, incline a sedurre le mogli altrui, e costretto alla macchia per aver ucciso in duello un ispettore delle dogane. Ne segue un turbinio di eventi, un'avventura picaresca e libertina che, tra fughe, perdite e ritrovamenti, si snoda tra Londra e Venezia A/R. Più Schultz avanza nella lettura, più vi coglie inquietanti analogie con la propria vita, tanto che i due mondi, lontani due secoli, convergono in uno spazio temporale ravvicinato e Schultz entra di prepotenza nel racconto stesso come personaggio per risolvere drammatiche situazioni rimaste sospese. E’ un romanzo metafisico, onirico e surrealista, in cui echeggiano gli insegnamenti di Pirandello (Sei Personaggi in Cerca d’Autore). Senza dimenticare Così è (Se Vi Pare) in quanto Ongaro avanza una tesi sconcertante: un romanzo non sarebbe un’opera definitiva, un monumentum aere perennius, codificato per l’eternità, ma potrebbe essere modificato in continuo da ogni lettore, che vi può entrare e cambiare i personaggi e la trama. Se così fosse, ogni romanzo genererebbe un ventaglio di mutanti che, a turno, darebbero vita a nuovi mutanti, sbriciolando l’originale. Scritto in un linguaggio aulico e sontuoso, ma di lettura difficoltosa. Perché è uno spezzatino, in cui le continue interruzioni del romanzo originale da parte di Schultz e della sua “spalla” Paso Doble, moscone ronzante e insulso tra le pagine, affaticano il ritmo e spesso rendono la lettura noiosa.

Uno dei libri più strani e belli che abbia mai letto. Stile impeccabile, trama avvincente... passato, presente, fantasia e realtà si mescolano senza creare caos ma dando vita ad una storia fatta di storie diverse eppure uguali. È difficile da spiegare, bisogna leggerlo per capire.

Ongaro è tra i più grandi scrittori italiani del nostro tempo. E questo è il suo capolavoro. Romanzo d'avventura in cui si colgono gli echi di Dumas, di Sabatini (quello di "Scaramouche"), di J. Meade Falkner e di Conrad, "La Taverna del doge Loredan" è anche un meraviglioso gioco letterario sul tema del doppio. Se Leo Perutz, come qualcuno ha detto, era l'incrocio di Kafka e di Agatha Christie, Ongaro vanta tra i parenti più stretti Salgari e Borges. Soltanto in una scena letteraria provinciale come la nostra può essere considerato come un "minore". Da leggere assolutamente.