Assumersi la responsabilità delle proprie scelte, diventando padroni della propria vita. Scardinare una consuetudine per cui è sempre qualcuno più titolato di noi a prendere decisioni importanti. Divenire adulti, smettendo di essere bambini, trovando la forza di non fare più, come si dice in piemontese, "la masnà". Questo spinoso passaggio esistenziale agita la storia narrata da Raffaella Romagnolo, autrice che con questo secondo romanzo ci regala una narrazione avvincente, costruita con una solida e naturale padronanza di mezzi, una lingua curata e ironica, un punto di vista originale e di ampio respiro. All'inizio del libro, una nota ci insegna che "masnà" deriva dal latino mansionem e porta perciò dentro di sé il ricordo della parola "casa". La casa dei Francesi, una cascina del Basso Monferrato che guarda passare la storia d'Italia dal fascismo alla metà degli anni novanta del Novecento, è dunque l'altro protagonista di questo romanzo: un luogo dove tre generazioni di donne impersonate da Emma Bonelli, dalla figlia Luciana e dalla nipote Anna Cermelli vivono ciascuna a suo modo la lotta per emanciparsi dal ruolo di "masnà" che la famiglia e la società hanno cucito loro addosso. Ecco allora che, addensando attorno a un luogo dalla forte valenza simbolica un conflitto esistenziale e storico che rende l'Italia quel paese di vecchi puerili e giovani bamboccianti che vorremmo smettere di essere, Romagnolo mostra come il romanzo contemporaneo possa affrontare una questione così cogente senza il fiato corto di un istant book o il tono saccente di un'indagine sociologica, ma con la voce della buona letteratura. Mostra anche come la formazione di un individuo, di una donna, possa essere, ora e sempre, un atto politico. Questo libro è un ottimo esempio di come si possano associare passione personale e controllo stilistico, piacevolezza di lettura e dettagliata indagine dei personaggi, ambientazione familiare dimessa e un respiro epico che cerchi di guardare in faccia "la Storia" puntando in alto, prendendo a modello, tra gli altri, Elsa Morante, scrittrice chiamata in causa quando si tratta di alzare il sipario sulla terza generazione, quella di Anna. Perché alla letteratura, oltre che alla realtà, attinge Romagnolo quando sceglie di commentare alcuni snodi della vicenda con le parole di Philip Roth, di Musil e dei libretti di Puccini. Di quali avvenimenti si parla? Dimesse e silenziose, Emma, Luciana e Anna vivono, senza riportarne fregi o medaglie, le vicende del "secolo breve", reggendo nell'ombra le sorti della famiglia. Tutte e tre trovano però la forza di opporsi a questa ottusa e ancestrale sottomissione. Emma, andata in sposa prima della guerra a uno zoppo che non aveva mai visto, si trova a vivere la casa dei Francesi come un'eterna ospite, senza esserne mai padrona. Un giorno però, per qualche ora, sceglie − al contrario dei suoceri, del marito e di un'intera parte di nazione − di opporsi ai fascisti nascondendo un giovane partigiano. Dopo quell'unico momento di libertà tenuto nascosto per sempre, Emma si chiuderà nel suo mondo e abbandonerà la casa dei Francesi, accompagnando Luciana in un moderno appartamento senza storia e senza odori. La legge dei "padroni" vuole che sia il figlio maschio, Mario, a possedere la casa e a sapere che cosa è giusto fare. Luciana troverà invece la sua libertà quando dovrà far fronte da sola al mare di debiti lasciatole dal marito. La sua capacità nel risolvere la situazione le guadagna la stima di Anna, da sempre invaghita di un padre inesistente. Dal canto suo, Anna è la prima persona della famiglia ad andare all'università. Non ha vissuto nella casa dei Francesi e ha imparato ad andare in bici il giorno della morte di Moro. È anche la prima che, nel 1995, mentre nonna Emma vive le sue ultime ore in ospedale, decide di infrangere quell'insana abitudine al silenzio, aiutando sua madre a rivedere il testamento del nonno perché anche lei possa avere la sua legittima parte di casa e la sua piccola, meritata parte di Storia. Stefano Moretti
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