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La storia della città contemporanea evidenzia come sovente siano i grandi eventi espositivi, sportivi e culturali ad incidere sui modi e sui tempi del rinnovo urbano dando impulso alla trasformazione.In alcuni casi si è trattato di vere e proprie rivoluzioni urbanistiche capaci di attribuire nuovo slancio propulsivo ad una città, come nel caso di Parigi, Barcellona, Lisbona e Genova solo per citarne alcune. Emblematica è l'esperienza di Barcellona che in più momenti e con più eventi - sulla maglia urbana del Cerdà -ha costruito il suo rapporto col mare, ultimo in ordine di tempo l'evento Forum 2004.Più di recente, proprio l'obiettivo di realizzare interventi che potessero sopravvivere alla manifestazione ha allontanato l'attenzione dalla natura dell'evento e nel caso dell'Expo dal suo tema.Così le edizioni più libere dall'idea della lunga durata hanno costituito esempi riusciti nell'affrontare il tema, come nel caso di Expo Suisse 2002; viceversa Lisbona 1998 e, a distanza di 10 anni, Saragozza 2008 sembrano essere state più efficaci nel partecipare al rinnovamento urbano che ad affrontare il tema proposto. Così l'expo appare in pericolo tra la sua natura di informare e formare, facendo riflettere i visitatori sul tema proposto attraverso suggestioni ed esperienze e le possibili derive ludiche che lo avvicinano più alla fiera e all'intrattenimentoIl pericolo maggiore si manifesta allorquando i paesi partecipanti sembrano più interessati a strategie di marketing turistico che a declinare il tema dell'expo o peggio ancora quando l'evento diviene pura occasione di valorizzazione immobiliare.Le edizioni del nuovo millennio si erano aperte con Hannover 2000, interessante per gli spunti legati alla sostenibilità ben declinata da Peter Zumthor e Shigeru Ban; avevano, poi, trovato in Expo Suisse 2002 un campo di sperimentazione in cui l'architettura dell'esperienza - attraverso le istallazioni di Jean Nouvel, Coop Himmelb(l)au e Diller e Scofidio - sembrava aver tracciato un nuovo orizzonte, in cui l'aspetto ludico e il gesto architettonico appaiono in equilibrio. In ultimo, la modesta edizione di Aichi 2005 non dava seguito a questo orientamento riuscendo a fallire entrambe gli obiettivi sia sul tema che sull'architettura di lunga durata. In questo contesto l'attenzione su Saragozza, il cui tema era l'acqua e lo sviluppo sostenibile, era forte, l'evento ha avuto una definitiva sterzata verso un atteggiamento concreto che ha inteso sfruttare al massimo l'expo per trasformare una parte di città e dotarsi di infrastrutture della mobilità, mentre lo svolgimento del tema appare in secondo piano rispetto, ad esempio, alla rilevanza dell'architettura del ponte padiglione di Zaha Hadid. L'analisi dell'expo di Saragozza costituisce forse una delle occasioni privilegiate per riflettere sull'edizione italiana di Milano 2015, così nel seguito l'articolazione della pubblicazione consente un viaggio nell'esposizione, nei suoi padiglioni, tra gli spazi pubblici attraverso il sistema di mobilità e dei percorsi lenti tra valenze architettoniche e svolgimento del tema assegnato alla manifestazione.Sembra emergere l'esigenza di avviare una profonda riflessione tra tema da affrontare e l'architettura che lo possa rappresentare, tra effimero e lunga durata, tra vocazione delle aree e linguaggio architettonico per valutare quale possa essere il nuovo scenario verso cui tendere, capace di stabilire un equilibrio nel prefigurare Milano 2015, Corea 2012 e l'ormai prossimo Shanghai 2010.
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