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«Madame de *** nascondeva così al marito l'ammontare dei conti che doveva pagare. Dopo alcuni anni di questo gioco, si trovò di fronte a debiti ingenti che dapprima la turbavano, poi le diedero un senso di angoscia e infine una vera disperazione. Non osò parlarne al marito, tanto più che gli mentiva da lungo tempo ed egli era sempre stato generosissimo con lei. Non volendo perdere né il suo prestigio davanti a lui, né la fiducia di cui egli la credeva degna, pensò di poter superare la situazione solo vendendo segretamente un gioiello. Cercò fra i suoi astucci e ...».
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Ricca e di nobile famiglia, con poca fiducia in se stessa (tanto da far incidere sulla sua pietra tombale, a mo di epitaffio, l'invocazione: 'Aiuto!'), più volte sposata e amante di molti uomini importanti (nel campo della cultura: Saint-Exupéry, «il fidanzato per finta», Orson Welles, André Malraux che la incoraggiò a scrivere), di cultura e ambiente internazionale, Louise de Vilmorin non doveva essere di quelle scrittrici con difficoltà a pubblicare. Del resto, lei stessa - per il senso della misura di chi frequenta grandi scrittori, o per vezzo aristocratico - diminuiva ogni volta che poteva le sue opere, diceva di essere «solo una firma»; e dichiarava di aver letto pochissimo (e chissà se tra questi pochi vi era quel racconto di Čechov, Un'opera d'arte, su di una persona che non riesce in nessun modo a separarsi da un oggetto). Ma nel 1951, alla pubblicazione de I gioielli di Madame de***, fu grande il successo, e la critica ne parlò come di un capolavoro. Non sembra scritto nel nostro secolo, o, se lo sembra, appartiene a quella letteratura rarefatta in cui tutto si concentra intorno a un legame, esteriore eppure inesorabile come un destino, che avvince pochi personaggi. Niente psicologia, ambientazione scarna fuori dal tempo, scrittura aggraziata ed elegante nel rigore preciso: piccoli accidenti, minuscoli spostamenti finiscono col comporre un disegno, innocente nei suoi dettagli, malvagio nell'assieme. Madame de *** tenta di liberarsi di un paio di orecchini da cui, evidentemente, la sua vita non può separarsi; e la prima innocua bugia dà luogo a un vortice, a ogni ciclo più infausto, dominato dai suoi gioielli che indiscretamente le ritornano in mano.
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