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Julie de Lespinasse, animatrice di uno dei salotti più importanti della seconda metà del XVIII secolo, ha lasciato un intenso carteggio d’amore attraverso cui si tracciano le linee di un'autobiografia interiore.
scheda di Bertini, M., L'Indice 1998, n. 8
"Amico mio, se aveste avuto la millesima parte del desiderio che io ho di vedervi, voi sareste qui, e io sarei felice; no, ho torto, soffrirei, ma non invidierei i piaceri del cielo. Amico mio, vi amo come bisogna amare, con eccesso, con follia, trasporto e disperazione...". Siamo a Parigi, nel 1773: l'autrice di queste righe è Julie de Lespinasse, animatrice di uno dei più brillanti salotti letterari di Parigi, nato in competizione con quello della sua antica protettrice Madame du Deffand. Sarebbe però inutile cercare nelle pagine di questa corrispondenza, che fu tra i "livres de chevet" di Stendhal, echi significativi del dibattito intellettuale o della vita mondana cui Julie, amica di D'Alembert e Diderot, partecipò da protagonista: l'ossessione amorosa fa terra bruciata intorno a sé. Chi era il destinatario di questo monologo epistolare che si protrasse per quattro anni, dal 1772 al 1776, sino alla morte di Julie? Un militare brillante ed elusivo, che alla sua colta corrispondente finì per preferire una fidanzata diciottenne, dai trasporti verosimilmente più contenuti. Ottimamente curato da Elena Aschieri, questo volumetto ci offre una trentina di lettere (su un corpus di duecento), scelte lungo tutto l'arco della passione che unì Julie de Lespinasse al suo riluttante interlocutore.
Julie de Lespinasse, animatrice di uno dei salotti più importanti della seconda metà del XVIII secolo, ha lasciato un intenso carteggio d'amore attraverso cui si tracciano le linee di un'autobiografia interiore.
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