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Libro godibilissimo, romanzo di formazione profondo e limpido come oggi non potrebbe mai più essere. Una lingua densa e suggestiva che vale tutto il romanzo. Un'ambientazione, tra mandracchi e maone, archetipi universali di una vita affacciata sul mare, dal richiamo evocativo intimo e potente, soprattutto per chi quei luoghi ha avuto la fortuna di conoscerli.
..quarantotti gambini fu un altro esponente di spicco di quella trieste che fu fucina di grandi scrittori nel '900: saba, stuparich, svevo, mattioni..prosatore di grande spessore, capace di esplorare i sentimenti ed i ricordi come pochi..forse questa è la sua opera più riuscita..dico forse perchè le altre non son da meno..
è un libro bellissimo e dimenticato. bella la scrittura, bello il ritmo narrativo, bella la storia. Lo consiglio a tutti
Recensioni
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Il titolo dall'immensa forza evocativa, L'onda dell'incrociatore, lo trovò Umberto Saba nel 1945, dieci anni dopo il tempo della narrazione che si colloca alla metà degli anni Trenta, vigilia di odio e di guerre. «Nel far montare l'onda fatale dalla pagina di Quarantotti Gambini - scrive Tullio Kezich nella Nota a questo volume - Saba ebbe l'intuizione di elevarla a simbolo. Gioiosa nella solarità dell'incipit, quando le navi arrivano e foriera di sciagura nella notte del congedo quando le navi scivolano via dal golfo di Trieste, l'onda è il segno della fatalità: la morte che viene dal mare e travolge il più innocente e ignaro di tutti, imponendosi come il contrappasso della roboante parata militare». Quarantotti Gambini scelse «l'età più incerta», quella in cui da ragazzi si diventa uomini, perché è il momento del tempo in cui il destino, il vero protagonista, appare più cieco, capriccioso e dominatore. In una specie di foto di gruppo va in scena il passaggio attraverso l'amore e il sesso all'età adulta, segnato da perenne delusione e inevitabile sofferenza, e, in quell'estate alla canottiera di Trieste, dal caso di una morte crudele. Ma nella vicenda dei sospesi ragazzini amici Ano e Berto, del bell'Eneo e della inquieta Lidia, accanto alla morbosità e alla malinconia dello svanire immemore dell'età dell'innocenza, si insinua come una trepidazione e una paura di futuro in più, e anche un'ambiguità, che dotano di sorprendente attualità questo successo degli anni Sessanta, opera di un grande scrittore morto prematuramente.
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