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«Due giovinezze si incontrano: il fervore dello studente torinese con l’enorme vitalità americana. È forse l’ultima Isola del tesoro dei nostri anni» (Pietro Citati). «Nell’inseguimento dell’Educazione sentimentale, è il "più bello" dei libri di Soldati» (Salvatore Silvano Nigro).
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Libro carino. Un' originale descrizione dell'America. Lo stile di Soldati però non mi ha affascinato.
Forse il più riuscito romanzo di Soldati, scrittore dal talento smisurato.
Leggendo il libro sono piano piano,lentamente,meravigliosamente penetrato in una America affascinantissima,l'America di Mario Soldati,dei suoi ricordi,tratteggiata e vagheggiata con squisitezza di sentimenti davvero eccezionale. L'America deglia anni'30,delle epocali e memorabili traversate oceaniche a bordo di transatlantici,già lembo della nuova terra che grande,immane,altra,diversa dall'Europa, attende l'emigrante. Che stupenda semplicità umana ed insieme complicatezza di sensazioni,stati d'animo e sentire si mescalono in queste pagine davvero eterne. L'America dei grattacieli bianchi,delle facili oppotunità di lavoro,dei sogni rincorsi,delle più assolute diversità rispetto alla quieta e decisamente più umana e profona Europa,mostra la sua vera essenza,forte,ipnotica,ingannatrice,vasto stato di miseria mescolata a ricchezza,di gente metallica(gli Amricani)frammista a poveri diavoli nostalgici della bella,solare Italia, tanto più semplice quanto più agognata e desiderata. Un altro mondo magnifico,bello anche nelle sue parti meno attraenti,i quartieri dei neri,razza che io adoro,Harlem,luoghi fondamentali nel viaggio di Soldati,ma anche della America stessa che deve il suo fascino anche a questi quartieri. Che belli i ricordi di Washington,bianca,verde,dalla gente metallica,sita come in un'altra dimensione spaziale,e per questo tanto interessante. Stupendo il passo in cui l'autore ricorda i pomeriggi e le mattine di Sabato dall'Hudson argentato,dallle macchine d'"acciaio".L'America, cosi potente e sempre distante,nonostante sia li, sotto i nostri occhi ,cosi diversa da un non Americano, la sua essenza a cui mai ci si abitua,di cui mai si riesce ad avere di essa una prospettiva familiare e americana non è forse quella dolce meta,fidato approdo che il povero emigrante si attendeva,ma se si riesce ad entrare nel suo enorme ventre essa è pronta ad accoglierci in una dimensione totalmente paricolare e sorprendente che forse alberga e si alimenta in Times Square proprio come scrive Soldati.
Recensioni
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«New York: la città dove ero stato, dove ero fuggito dall'Italia, l'Italia di allora! Quando ancora ero quasi adolescente; dove avevo vissuto lungo tempo con la speranza di diventare cittadino americano; infine ne ero partito sconfitto per non tornarci più». Così, nel 1979, Soldati rievocava il «sogno» di America primo amore. Ha scritto Lorenzo Mondo «Fra quanti coltivarono da noi, negli Anni Trenta, il mito dell'America, Soldati fu uno dei pochi ad avere calcato il suolo degli States, ricavandone suggestioni esistenziali anziché politiche e letterarie. Non che mancassero le giuste intuizioni critiche su quella nuova realtà, a metà strada fra l'America "amara" di Cecchi e l'esaltazione volontaristica dei Vittorini e dei Pavese. Ma il continente spazioso e aperto come il mondo, che il giovane borsista della Columbia University dovette abbandonare dopo averlo fortunosamente raggiunto, rendeva l'immagine tutta privata dell'usura e del vuoto che sta dietro a ogni utopia o alla sua caricatura; suggeriva la sorda inerzia e lo strappo doloroso che conclude ogni grande appagamento, ogni identificazione o riconoscimento. Oltre la febbre della crescita tumultuosa, c'erano nell'America di allora, sullo "schermo gigante" di cui parlava Pavese, altri motivi che potevano sorprendere Soldati e carpire la sua adesione: il contrasto fra la metropoli e la provincia che si ripeteva con passione rovesciata - attrazione o rifiuto - nel rapporto fra l'America dei grattacieli e l'Europa dei "vieux parapets"; il dissidio stesso tra anima puritana e corpo pagano quale si affermava in una formula, fortunata per quanto contestata, di Beniamino De Ritis». Più volte riscritto, nell'arco lungo di oltre quarant'anni, sempre alla ricerca del romanzo, e nell'inseguimento dell' Educazione sentimentale di Flaubert, America primo amore è «il più bello» dei libri di Soldati: «Il lato stupendo del libro sta nel fatto che due giovinezze si incontrano: il febbrile fervore dello studente torinese con l'enorme vitalità americana; sicché i confusi desideri di Soldati, il suo amore che non sa trovare un limite nelle cose, provocano, appena si produca il contatto con una realtà così enorme e diversa, una tensione elettrica, una febbre incandescente. Anche se già corroso dalla delusione, America primo amore è forse l'ultima Isola del Tesoro dei nostri anni» (Pietro Citati). Questa nuova edizione recupera in appendice il racconto visionario I giornali dell'alba, non più ristampati dal 1945. E integra la Storia di una copertina con un «ricordo» di Carlo Levi. Completa il volume un viaggio dentro la riscrittura dell'opera. Salvatore Silvano Nigro
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