Nei tanti libri che si pubblicano in Italia sui più svariati aspetti della scuola, uno dei temi meno trattati è quello della didattica. Non che non vi sia un'ampia pubblicistica al riguardo, solo che nella maggior parte dei casi si tratta di opere destinate a un pubblico di addetti ai lavori, cioè di insegnanti o ricercatori. La sfida della didattica del pedagogista Franco Frabboni costituisce da questo punto di vista un'interessante eccezione. Dedicato alla scuola italiana e ai suoi problemi attuali, il volume affronta questi temi soffermandosi principalmente sulle loro implicazioni didattiche. Il punto di partenza è una critica radicale alle riforme messe in atto nella scuola italiana nel corso dell'ultimo decennio, in particolare nel periodo in cui è stata ministra della Pubblica istruzione Mariastella Gelmini. Dell'operato di quest'ultima Frabboni contesta non solo i massicci tagli al bilancio dell'istruzione pubblica, di per sé inaccettabili per un paese che voglia investire sul proprio futuro, ma anche le riforme introdotte e soprattutto l'ideologia a esse sottesa. Il richiamo insistito, da parte della ministra Gelmini, sulla meritocrazia e la competitività prefigura, secondo Frabboni, un'idea di scuola in cui l'alunno è ridotto a fruitore meramente passivo di saperi in pillole ritagliati sulle esigenze dei mass-media e del mercato. All'autore non pare quindi un caso che i tagli gelminiani abbiano colpito quelle realizzazioni didattiche dell'ultimo quarantennio, come il tempo pieno alle elementari, che si proponevano di democratizzare la scuola italiana, cioè di creare la condizioni per permettere al maggior numero possibile di alunni di conseguire apprendimenti di qualità. Contro questi tentativi di demolizione del carattere democratico (e laico) della scuola pubblica italiana, Frabboni propone sia una resistenza attiva da parte di tutti i soggetti coinvolti, sia la messa in atto di pratiche didattiche che vadano in controtendenza. In particolare, il libro si sofferma sui luoghi nei quali si articola il processo di apprendimento: la classe, l'interclasse e l'ambiente esterno alla scuola. La classe, secondo Frabboni, rimane uno spazio irrinunciabile soprattutto per i momenti di alfabetizzazione di base, a condizione che sia luogo d'interazione tra i discenti e tra questi ultimi e i docenti, e non di comunicazione unidirezionale e di competizione, come invece prevede l'ideologia gelminiana. Frabboni sottolinea anche l'importanza che la classe non sia un struttura rigida, ma che sappia articolarsi in sottogruppi funzionali a un apprendimento individualizzato e che non rimanga isolata dagli altri luoghi della formazione: innanzitutto l'interclasse − cioè l'ambito dei laboratori (guarda caso duramente colpiti dai tagli di Gelmini), degli atelier e delle attività integrative − e l'ambiente esterno, inteso sia come contesto sia come risorsa e spazio specifico di apprendimento. La scuola italiana, di contro a molti luoghi comuni, secondo Frabboni propone già pratiche didattiche in grado di garantire apprendimenti diffusi e di qualità. Si tratta di generalizzarle, prendendo anche spunto da un paese di cui si parla molto negli ultimi anni per i suoi ottimi risultati nei test Pisa: la Finlandia. Del sistema scolastico finlandese Frabboni ci ricorda gli aspetti didattici e organizzativi, poco noti da noi ma che probabilmente hanno un ruolo decisivo nei suoi risultati positivi: il suo carattere pubblico e gratuito; l'unitarietà del ciclo dell'obbligo (7-16 anni); l'autonomia scolastica e il curricolo flessibile, all'interno del quale un peso centrale viene attribuito alla lettura e alla scrittura; il carattere plurale, rigoroso e partecipato della valutazione degli studenti, dei docenti e delle scuole; la stabilità del sistema, per il quale sono previste strategie di lungo termine, che stabiliscono che la verifica degli esiti di una riforma possa essere realizzata solo dopo un quarto di secolo. In questo modo Frabboni ci ricorda che coniugare scuola democratica − cioè di massa, pubblica e laica − e scuola di qualità non è un'impresa utopistica, ma qualcosa che può essere realizzato, persino in Italia. Giorgio Giovannetti
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