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Cosa sia questo libro lo può intuire subito chi adori quel mondo dell'Est europeo misticheggiante e strampalato, onirico e ferito, festoso, infantile, tragico e perverso. E lo può intuire da una cosa immediata: la suprema bellezza della copertina, la quale vale da sola l'interezza di un poema, di un'impronta, di quel Novecento fiabesco e tenebroso che quella geografia ha incarnato come pochissime nella storia delle arti e dei destini. Libretto bellissimo, costruito come un dizionario sensibile dove Milan Kundera passeggia fra le pagine simile a un Virgilio inquieto che guida e esalta ogni riflessione. Ma in realtà aleggia di tutto, perché è come un breviario miniato da Chagall sui cieli lirici di un'Europa stordita. Dagli anni meravigliosi di Kunze ai sofisticati studi di Warburg, dalle indecenti e sublimi immaturità di Gombrowitz (che divideva i libri fra superflui e necessari) agli occhi di Dostoevskji o di Grossmann aperti nel ventre del mistero. Soffiano fantasmi ancora vivissimi fra quelle strade inzuppate di poesia, soffiano corvi e farfalle, pistole e carezze, carretti e velluti, cloache e tramonti, ferrovie disastrate e sentieri intonsi, speranze infrante e incantevoli opere d'arte a contrastarle. Insomma, si sentono i passi di quei tanti signor K. nei quali ognuno di noi può sentirsi imprigionato e che attraversano la vita coi loro avvoltoi nello sterno e la loro sterminata e incompresa sete d'amore. Ma questo è anche un diario, e non meno sincero. Cataluccio stronca e apprezza, esalta e declassa, svela in definitiva preferenze e riserve col tatto e la pregnanza di lettore appassionato anzitutto, prima che studioso. E a fine lettura in effetti si resta sconcertati e lieti,tanta è stata l'irregolarità, la disordinata bellezza e la voglia di conoscere che si è agitata fra le righe;una specie di felice sommossa dell'animo nella quale echeggiano trascorsi di irripetibile meraviglia.Un affresco dove "il carro armato è perituro e la pera è eterna".Non poco direi.
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