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Anno edizione: 2015
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Racconto caustico e geniale, un vero incubo raccontato con quella leggerezza tipica di Manzini. Sotto l'irrealtà delle godibilissime pagine si prova un brivido neanche tanto nascosto: finirà davvero così?
Dopo due anni, sei mesi e tredici giorni di stesura, l'acclamato scrittore di narrativa Giorgio Volpe è pronto a pubblicare il suo nuovo attesissimo romanzo. La notizia che la sua casa editrice, la Gozzi, verrà coinvolta nella fusione di tutte le aziende italiane del settore per formare un unico monolite delle pubblicazioni non lo preoccupa più di tanto. Come tutti gli eventi tragici destinati a cambiare le collettività, le avvisaglie del grottesco declino civile incombente serpeggiano senza che nessuno le ritenga credibili. Quando però l'incubo si palesa chiaramente abolendo la libertà d'espressione, l'identità e la creatività in nome del profitto e delle leggi di mercato, Giorgio si rende conto di trovarsi sul cigiio del precipizio,senza via di fuga, ad un passo dal vuoto.Sarà capace di riscattare la sua sorte così vigliaccamente ceduta con la firma di un contratto? Il gusto di Manzini per la spietata satira dell'idiozia umana trova in questo racconto orwelliano la sua massima espressione ed un monito aggiunto alla salvaguardia dei nostri valori.
Storia fantascientifica e delirante che mi ha lasciato l'angoscia e non mi è piaciuta; ma la scrittura di Manzini ti inchioda a leggerla fino alla fine senza interruzioni.
Recensioni
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Antonio Manzini è uno scrittore che segue la regola aurea della narrativa anglosassone: “Show don’t tell”, non dirlo fallo vedere. - Antonio D’Orrico
Giorgio Volpe è uno degli scrittori più quotati e famosi d’Italia, un’autorevolezza nel campo della cultura.
Noi lo conosciamo quando, dopo due anni, sei mesi e tredici giorni di fatiche, porta finalmente a termine il suo nuovo romanzo che consegna immediatamente nelle mani della sua storica editor, commossa ed emozionata per quella che si preannuncia una nuova prelibatezza editoriale.
Oltre all'attesa uscita di Volpe, in quegli stessi giorni c'è qualcosa di nuovo che interessa il mercato del libro, un cambiamento di cui, da tempo, si sta discutendo ai piani alti del potere culturale: l’ingresso di un colosso editoriale che stravolgerà il mondo dell’editoria in Italia. I quotidiani nazionali diffondono la notizia, enfatizzano la gravità: le tre case editrici più importanti d’Italia si stanno unendo in una pericolosa maxi-fusione. Un’unica entità, una sola testa, un solo corpo, a divorare il mercato. Qualcosa di mai visto fino a questo momento, in uno Stato in cui la libertà di parola e di stampa non è ancora imbavagliata. Eppure solo Giorgio Volpe sembra essere scosso da queste notizie, non un cenno da parte del pubblico, non una smorfia di disgusto da parte dei lettori:
A quel dibattito che poco aveva catturato l’attenzione degli italiani, poco interessati ai libri, neanche fossero portatori sani di qualche epidemia medioevale, Giorgio Volpe aveva assistito silenzioso […].
Così tutto inizia ad accadere velocemente, senza nemmeno un preavviso. Il peggior incubo di ogni scrittore si è avverato, ed è successo proprio nel salotto di Giorgio Volpe.
Un pomeriggio lo scrittore di bestseller sta aspettando la sua editor per iniziare a lavorare alla sua ultima fatica letteraria. Alla sua porta si presentano però due uomini in giacca e cravatta, due sconosciuti quasi del tutto illetterati, senza garbo, senza il tono di chi sa trattare con uno scrittore del calibro di Volpe, ufficializzandosi come i nuovi editor dell’autore, assunti e mandati dalla nuova casa editrice-mostro: la Sigma. Uno dei due pseudo-curatori, biascicando un italiano dubbio, si presenta come “l’addetto al taglio" dei grandi romanzi russi, da Anna Karenina in versione soap opera, a Guerra e pace (anzi, solo Pace, per evitare troppa negatività): lavoro necessario per rendere i libri più piacevoli e leggeri. Per vendere di più. Il secondo uomo si introduce invece come il “traduttore” dei grandi romanzi italiani, con la particolarità di non tradurre in una lingua straniera, ma in un nuovo idioma misto al gergo giovanile, vere e proprie traduzioni per avvicinare i ragazzi ai libri, per insegnar loro ad amarli. Per vendere di più.
Iniziano in questo modo le avventure di un povero scrittore alla ricerca del suo perduto entourage editoriale, licenziato e rimpiazzato da venditori di frottole, di parole facili coordinate da un solo obiettivo: vendere il più possibile, nella maggiore economia linguistica, arrivando a più persone possibili. La letteratura espressa nella forma più sublime del marketing in una battaglia impari portata a testa alta attraverso una compravendita che non conosce avversari. Questo è diventato il mondo editoriale di Giorgio Volpe e di tutti i suoi più grandi colleghi, buttati in un mercato che non guarda in faccia a nessuno, e che rafforza sempre più il suo potere unilaterale. Non c’è più scelta, nessun colore, nessuna sfumatura. Se Giorgio Volpe vuole continuare a essere uno scrittore non ha autonomia decisionale: o si adatta alle nuove leggi, o la sua carriera è terminata. Eclissata. Stroncata. L'unica soluzione possibile sembrerebbe la sottomissione...
Con una grande ironia, Manzini ci presenta un piccolo e divertente racconto, quanto mai attuale, che simboleggia una vera e propria caricatura del mercato editoriale italiano, alla luce delle recenti vicende dell'industria libraria. Una sorta di 1984 in cui tutto viene controllato da un solo occhio, attraverso un solo punto di vista, con la voce di una sola verità. Una spaventosa società immaginaria che ci riguarda molto da vicino e ci pone davanti a una grande paura: quella di un’egemonia culturale che possa esprimersi in un’unica, uniforme lingua. Un testo piacevole e veloce, che strappa sorrisi dall’inizio alla fine ma che non può non calarci addosso un velo di tristezza e portarci a una riflessione: una sola editoria, un solo mercato, l’assenza di una scelta… è quello che vorremo per il nostro Paese? Un Paese che legge un solo genere, non è un Paese malato? L’opinione unica non è pericolosa? Siamo di fronte a un bivio: quello facile delle coscienze addormentate, quello difficile dell’incomprensione, del margine di rischio, delle letture difficili, scomode. Manzini ci spinge verso questa riflessione e ci fa alzare lo sguardo dal libro per esitare su quello che potrebbe essere il futuro della nostra editoria, arrancata tra il servilismo del potere, l'avarizia delle vendite, e quelle piccole forze che resistono e che credono in un Paese migliore.
A cura di Wuz.it
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