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La storia della moglie di Rocco, da non perdere
Ingredienti: un vicequestore alle prese col proprio passato doloroso, due ragazzi morti come caso da risolvere, un traffico di droga che si ripercuote su lavoro e affetti, la morte della moglie come crepa del futuro (e spiegazione dei libri passati). Consigliato: a chi cerca un bel giallo da ombrellone, a chi ama intrecci ben costruiti spalmati su più episodi.
Schiavone torna indietro nel tempo e tante cose del suo personaggio si comprendono meglio.
Recensioni
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Prima di leggere questo libro, di Rocco Schiavone non sapevamo proprio niente. Abbiamo letto e immaginato il dolore per la perdita di sua moglie Marina, abbiamo intuito che la procura lo avesse schiaffato nella tranquilla cittadina di Aosta per punirlo di qualcosa di grosso, di molto grosso. Ed eravamo quasi certi che la sua spessa scorza da poliziotto di strada fosse stata squarciata da un evento tremendo e indicibile.
I sospetti sulla sua vita precedente finiscono adesso, con 367 pagine di confessione in forma di romanzo. Rocco Schiavone è davanti ai suoi superiori, il questore Andrea Costa e il giudice Baldi, che vogliono sapere tutto sul delitto di rue Piave, dove morì la sua amica Adele. Per raccontare tutta la storia sin dall’inizio, il vicequestore si accomoda sulla poltrona e si accende una sigaretta, vicino al lui c’è il suo cane, Lupa, ai piedi porta il sedicesimo paio di Clarks. Il suo resoconto però non è un verbale, è un capolavoro di narrativa poliziesca.
Siamo nel 2007 e Schiavone, un uomo ancora vitale, senza gli eccessi di malinconia che gli abbiamo letto in faccia negli ultimi tempi, per la prima volta è messo alle strette da sua moglie Marina, che lo interroga. La donna ha scoperto che Rocco non è l’uomo che credeva e che i suoi amici, i ragazzi di Trastevere con cui è cresciuto, non sono solo dei conoscenti con qualche cattiva abitudine, sono suoi complici in piccoli reati, truffe e appropriazioni indebite. Insomma Marina scopre che la divisa di suo marito è macchiata.
Nello stesso tempo il vicequestore è alle prese con due delitti orrendi. Due ragazzi giovanissimi e di buona famiglia sono stati uccisi con modalità identiche nel giro di poche ore: un colpo secco alla nuca con un punteruolo. I due erano stati compagni di classe al liceo. Rocco non sopporta di dover affrontare i familiari dei ragazzi, che vivono un dolore indicibile, così come non sopporta i suoi superiori, i bulli che intasano le strade di Roma, l’ipocrisia di certe famiglie benestanti apparentemente perfette e una lista lunghissima di molte altre cose.
Il Rocco che troviamo in queste pagine è il solito burbero insofferente di sempre. Il suo modo di mettere a tacere l’arrogante e irridere il potente, la sua incapacità di trattenersi, la sua assoluta mancanza di diplomazia nelle situazioni formali lo rendono un personaggio assolutamente credibile e simile a ciascuno di noi. Purtroppo però, in questo caso, sappiamo già dove lo porterà questa sua smania: gli farà trascurare un particolare importante. Marina, che è andata via di casa da tre giorni. Marina, che non risponde più al telefono. Marina, che rimpiangerà per molti anni, che sognerà quasi tutte le notti, quando si ritroverà isolato nella città di Aosta.
Come tutte le verità scomode, la vicenda personale di Rocco Schiavone ci attrae e ci repelle allo stesso tempo. Perché forse tutte queste cose su di lui non avremmo voluto conoscerle. Le sue cattive abitudini, ma anche i suoi amici, i vizi e le simpatie, tutto quello che può riguardare un uomo normale lo leggiamo nitidamente in queste pagine. Ma contemporaneamente questo salto nel suo passato ci fa comprendere quanto sia cambiato il personaggio dopo la deflagrazione. Cosa ci ha restituito la genesi di questa storia? L’ombra di Rocco Schiavone, la paura per lui, un’assurda e irrazionale dose di preoccupazione.
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