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L' aquila a due teste. Immagini di Roma e dei romani
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Dettagli

1998
1 gennaio 1999
240 p.
9788839204745

Voce della critica


recensioni di Guglielmo, M. L'Indice del 1999, n. 09

Una pluralità di indagini che si muova nello spazio, nel tempo e attraverso settori di ricerca apparentemente distanti tra loro consente di illustrare in modo sempre nuovo l'antichità. Lo conferma questo volume in cui Cesare Questa ha ripresentato ricerche da lui stesso eseguite nel corso di quasi venticinque anni ripensandole - com'è dichiarato nell'introduzione - nei metodi e nelle conclusioni. Il titolo, L'aquila a due teste, rappresenta icasticamente il complesso dei temi affrontati. L'immagine chimerica dell'aquila che su due colli uscenti da un corpo solo possiede due teste che guardano l'una il fianco destro, l'altra quello sinistro, rappresenta compiutamente la duplice direzione verso la quale Questa spinge lo sguardo.

Alla cultura romana occidentale si rivolgono i primi due studi. Il primo, Sallustio, Tacito e l'imperialismo romano, corredato da utili appendici con valore documentario, tratta dell'imperialismo romano attraverso la visione di Sallustio e Tacito. La scelta di storici appartenenti entrambi alla classe senatoria in un periodo in cui Roma era all'apogeo, ma diversi per esperienze politiche, consente di illustrare insieme sia le diverse personalità dei due scrittori sia l'idea di Roma quale i Romani ebbero o vollero dare di sé e quale ci si fece fuori di Roma.

Il secondo contributo, Messalina "meretrix augusta" e altre donne dei giulio-claudi, ha il pregio di esaminare il ritratto di Messalina conservato dalle fonti anche alla luce della politica matrimoniale della famiglia giulio-claudia. Che la donna possa essere qualificata non solo, come tradizionalmente, dalla stereotipia dei tre vizi tirannici (libido, saevitia e avaritia), ma anche, piuttosto, come vittima innocente, secondo quanto emerge dall'Ottavia e dall'Apcolocyntosis, lo si comprende meglio, infatti, in seguito all'efficace sintesi dell'"uso della donna" nella famiglia giulio-claudia: l'apoteosi di Augusto ha richiesto un severo controllo della discendenza che ha ridotto le donne imperiali a un destino di splendore e schiavitù.

L'altra testa dell'aquila è rivolta verso l'area bizantina. Dall'esame dei due excursus etnografici inseriti nei libri II e IV delle Storie l'autore fa emergere, nel saggio Il morto e la madre. Romei e Persiani nelle "Storie" di Agatia, ampliato dall'appendice Intorno alle "Solutiones ad Chosroem", l'immagine che Agazia ha voluto trasmettere dei Persiani. Costui, erede della cultura greca del passato, chiusa alle altre civiltà e specialmente a quelle non cristiane, rappresenterebbe i Persiani come un popolo, se pure pretenzioso sotto l'aspetto intellettuale, allo stato di natura dal punto di vista morale: da un lato quasi come animali essi sarebbero privi di istituzioni funebri e di salde regole matrimoniali, dall'altro l'interesse di Cosroe per la sapientia dei confinanti sarebbe in realtà superficiale e dilettantesco.

Sulla linea di precedenti saggi dell'autore - quali specialmente Il ratto del serraglio: Euripide, Plauto, Mozart, Rossini (Pàtron, 1979) e Semiramide redenta. Archetipi, fonti classiche, censure antropologiche nel melodramma (QuattroVenti, 1989) -, l'ultimo intervento presentato, I Romani sulla scena operistica, seguito da un'appendice che si sofferma sulla tradizione del libretto e della musica dell'Incoronazione di Poppea, include negli orizzonti consueti della ricerca classica l'analisi della sopravvivenza di Roma e della sua storia nel teatro europeo. Avendo tale storia assunto un ruolo importante nell'immaginario dell'opera in musica, Questa illustra qui cinque testi che ritiene rappresentino altrettanti momenti della storia del melodramma: L'incoronazione di Poppea, di Claudio Monteverdi e altri (testo di Gian Francesco Busenello e altri); Giulio Cesare in Egitto, di Georg Friedrich Händel (testo di Nicola Francesco Haym da Giacomo Francesco Bussani); La clemenza di Tito, di Wolfgang Amedeus Mozart (testo di Pietro Metastasio e Caterino Mazzolà); Norma, di Vincenzo Bellini (testo di Felice Romani); Nerone, di Arrigo Boito (testo dello stesso Boito).

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