Manuale di storia delle religioni

Buon manuale introduttivo alla Storia delle religioni, dai politeismi del Mediterraneo antico alle religioni estremo-orientali, passando per i tre monoteismi. L'ultimo capitolo. invece, presenta una sintesi dei principali studiosi etno-antropologici, da Edward B. Tylor ad Ernesto De Martino, passati in rassegna in chiave storico-religiosa. Breve parentesi conclusiva riservata, invece, ai nuovi movimenti religiosi sorti tra XX e XXI secolo e al rapporto tra religione e modernità. Tuttavia, una totale assenza di corredo iconografico e di schede di approfondimento su singoli concetti presenti in maniera troppo limitata non mi fanno dare la quinta stella al volume, che però resta comunque un valido punto di inizio.

È un buon manuale, da usare per un'esplorazione vasta e sintetica.

Volume in brossura economica, corposo, ma in cui quasi del tutto assenti sono le immagini. Sicuramente una copertina rigida, dato anche il prezzo, non avrebbe guastato. Il volume ospita un corredo delle principali religioni del pianeta (attuali), suddivise in capitoli, dove tuttavia la supervisione di Filoramo si nota nell'amputare totalmente religioni antiche quali quelle Egizie o Precolombiane; ben sfoltire quelle Indiane e Asiatiche; ben soffermarsi sul Cristianesimo, particolarmente sul Cattolicesimo medievale. Pare, stando al volume, che l'Ortodossia cristiana sia qualcosa di poco rilevante e avvenuta in un battito di ciglia oltretutto, ad esempio. Insomma, manuale per esami universitari generici, pieni di date e riferimento alla riforma di Trento, alle scomuniche e ad altri concili, ma molto vago sul resto. Qualche data delle rivoluzioni orientali, la trasposizione tra calendarietà islamica e quella occidentale, differenze all'interno... Peccato, era l'occasione buona di dare spazio alla religione in sè ed alla sua evoluzione storica nel globo, non alle religioni prettamente occidentali, nè a quelle a cui ci si è dovuti confrontrare in tempi più recenti, figlie di società e civiltà ultime e pienamente politicizzate. Sicuramente il volume soffre dell'aver adoperato una prospettiva e quindi aver scritto un discorso storico di vecchio stampo, nella quale la storia sia un innavincente decorrere del tempo, nella quale interrogativi o quant'altro risultano assenti per timore di perdere autorevolezza; nella quale le date e le decisioni istituzionali la fanno da padrone senza mai piena contestualizzazione; nella quale popoli e credenti né sono protagonisti attivi, nè influiscono minimamente alla sua plasticità. Semmai vi ricodate del vostro manuale di storia alle superiori, salvo eccezioni o ultimi tempi, ebbene: questo ne è una rivisitazione molto, ma molto fedele.