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La marcia su Roma - Giulia Albanese - copertina
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La marcia su Roma - Giulia Albanese - copertina

Descrizione


Le truppe fasciste concentrate a nord di Roma per l'attacco alla capitale sono stanche, bagnate e affamate quando si diffonde la notizia che Mussolini è stato nominato capo del governo. Ma l'entrata a Roma non coincide con la sua conquista, anzi in quei giorni la città continua a respingere i fascisti come nessun'altra, e gli scontri si fanno durissimi. Inizia così un nuovo racconto della marcia su Roma che finalmente spiega il ruolo giocato dalla violenza, il motivo per cui la classe dirigente politica non ha compreso subito la gravità degli avvenimenti, il modo in cui lo Stato liberale è crollato. E che mostra come la marcia non sia stata solo quella degli squadristi su Roma.
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Dettagli

2006
23 marzo 2006
IX-293 p., Rilegato
9788842078371

Voce della critica

Oggetto di rievocazioni e celebrazioni durante il ventennio, la marcia su Roma solo occasionalmente è stata posta sotto la lente d'osservazione degli storici. La si è infatti per lo più considerata – con pochissime eccezioni, se si esclude la storiografia di regime – un bluff che celò il vero evento (le trattative istituzionali che portarono alle dimissioni del governo Facta e che indussero poi il re ad affidare a Mussolini l'incarico di formare il nuovo governo) o comunque un episodio schiacciato, nella periodizzazione, tra l'apparizione e lo sviluppo del movimento fascista, nel triennio precedente (1919-1922), e la successione di eventi che tra il 1924 e il 1925 condusse alla progressiva trasformazione dello stato e all'edificazione del regime.
La marcia su Roma fu in realtà tutt'altro che una coreografica messa in scena. Le camicie nere diedero vita a un evento estremamente cruento (provocò decine di morti nel giro di pochi giorni) e in grado di incidere in profondità sugli equilibri della politica nazionale e sui diversi contesti locali. Merito di questo libro è l'aver assegnato alla marcia su Roma la piena dignità di autonomo oggetto di indagine storiografica, restituendole il significato di momento di cesura nella storia italiana del Novecento. La tesi centrale del libro, infatti, è che la marcia e il primo governo di Mussolini rappresentarono la fine delle istituzioni liberali e l'inizio della dittatura in Italia.
Il volume non ricostruisce però solo gli eventi che si concentrarono nelle giornate intorno al 28 ottobre 1922, dal congresso di Napoli al dibattito parlamentare seguito al conferimento dell'incarico al leader dei fascisti. Si sofferma anche sulla lunga fase di incubazione, sui diversi progetti di colpo di stato di stampo conservatore e autoritario e sulla preparazione nei mesi precedenti, come anche sui cambiamenti negli equilibri politici e sulle prime trasformazioni istituzionali durante il primo anno di governo di Mussolini. Ne derivano due conclusioni: la prima è che la strategia fascista fu vincente soprattutto perché non fu contrastata, per l'incapacità o la mancanza di volontà dello stato liberale (la classe politica, i prefetti, i magistrati e le forze dell'ordine); la seconda è il richiamo al ruolo esercitato dalla violenza, vero e proprio perno dell'azione fascista fin dentro il parlamento.
Non si tratta, naturalmente, di ridurre il fascismo a una pura manifestazione di violenza. Rischio che, d'altra parte, non sembra corrersi: gli indiscutibili avanzamenti della conoscenza e della consapevolezza storiografica registrati nell'ultimo trentennio ci hanno consegnato un quadro assai articolato e mosso del regime fascista e del rapporto tra questo e la società italiana. Il libro costituisce, semmai, un invito a non ridimensionare le sopraffazioni, gli abusi e le violenze che accompagnarono l'avvento al potere del fascismo. Senza quegli eventi ben poco si potrebbe capire non solo dell'effettiva realtà storica del successivo ventennio di storia italiana, ma anche dei drammatici accadimenti che segnarono i mesi tra la caduta del regime e l'inizio della storia repubblicana. Da quelle giornate dell'ottobre 1922 germinò infatti un grumo di rancori, risentimenti e ansie di rivalsa e di vendetta che avrebbe proiettato i propri effetti, oltre vent'anni dopo, sul secondo dopoguerra.
  Alessio Gagliardi

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