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Anno edizione: 2007
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Ecco un breve e agile saggio su un tema quanto mai attuale, il rapporto fra reddito e felicità, fra il guadagno e il buon vivere. Il problema è spinoso, avvincente e ci meraviglia che sia potuto diventare solo recentemente oggetto di studi approfonditi. L'autore, che dimostra una notevole dimestichezza nel maneggiare i vari aspetti della questione, ci spiega che solo negli ultimi anni si è potuto creare indici più o meno obiettivi per analizzare lo stato della felicità, in un mondo che vede i messicani o i nigeriani più felici degli europei. Effettivamente, non fa certo piacere constatare che le medesime ragioni che ci hanno reso ricchi ci hanno pure reso infelici: se l'economia è la scienza triste, in questo saggio se ne comprendono appieno le motivazioni. Ma che cosa dovrebbe mai affliggere il ricco che non addolora il povero? La risposta non è così scontata: Becchetti ci ricorda che le aspettative individuali e la qualità dei rapporti interpersonali sono gli elementi principali su cui una persona basa la propria valutazione di felicità: questa idea è di per sé già nota, ed è infatti a questo punto che l'autore compie una virata per approdare a spiegare in termini scientifici come le dinamiche economiche possano, è il caso di dirlo, ridurre la percezione della felicità, visto che trasformano (e spesso degradano) il nostro rapporto con gli altri e con noi stessi. La lettura del saggio è scorrevole grazie all'impiego di molti esempi e lascia spazio al lettore per le domande che di volta in volta può porsi, domande che spesso trovano risposta nello svolgersi del discorso. L'unica pecca, forse, è il poco spazio dedicato al tema del rapporto fra uso del tempo e felicità. Comunque, una buona introduzione su un tema per nulla scontato. Paolo Ermano
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