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In un suo romanzo Mino Milani scriveva, narrando le avventure del protagonista, che "il destino porta gli uomini dove vuole". Citando quelle parole a chiusura di Piccolo destino, libro autobiografico o antologia di errori come lui stesso lo definisce, lo scrittore sembra voler offrire una chiave interpretativa a molti episodi che hanno segnato umanamente e professionalmente il suo di destino. Milani inizia dai ricordi, dagli incontri, dai luoghi ed agli amori della sua adolescenza, rievocando poi altri momenti della sua vita: la travagliata scelta del tipo di facoltà, la gioia per il raggiungimento della laurea in lettere, la delusione procurata da una risposta negativa da parte di un editore che però ammette gli "fece più bene che male", i primi incontri con esponenti del mondo letterario. Milani non manca di ricordare con affetto e riconoscenza colleghi e amici come Hugo Pratt, Renato Olivieri e Guglielmo Zucconi ed episodi legati alle "piccole cose di carta stampata": la famosa rubrica, La realtà romanzesca, tenuta per anni sulla Domenica del Corriere, la direzione della Provincia pavese, rievocando con immutato entusiasmo il "fascino e il richiamo di quelle esperienze". Parte dei ricordi non poteva non riguardare i libri scritti e letti dallo scrittore. Sui primi Milani confessa di aver "scritto molto, forse troppo, e di molte cose", ma di averlo fatto per il gusto di farlo e che "è stato bello, e anzi lo è ancora". Sui libri letti lo scrittore parla con trasporto delle sue letture fatali: Conrad, Wiechert e London. Tra le pagine trovano posto anche considerazioni sul dolore ("il dolore maggiore è non avere mai avuto tempo felice"), i comportamenti umani (il rubare, l'uccidere, la cattiveria) e il singolare episodio che provocò il suo interesse storico per Garibaldi. Con stile e signorilità Mino Milani racconta il suo piccolo destino a cuore aperto confessando "che malgrado tutto ho avuto una vita fortunata ... avendo fatto quanto potevo (e volevo) fare".
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