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Sei petali di sbarre e cemento. Milano, carcere di San Vittore. 1943-1945 - Antonio Quatela - copertina
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Descrizione


L'occupazione di San Vittore da parte dei tedeschi dopo l'8 settembre 1943 è uno degli episodi più cupi e dimenticati della storia di Milano. Il carcere, infatti, è stato il primo campo di concentramento sorto in Italia, precedente anche a Fossoli, a Bolzano-Gries e alla Risiera di San Sabba: tra il '43 e il '45 vi furono deportati a migliaia antifascisti ed ebrei prima di essere indirizzati verso gli orrori dei campi di sterminio. A dirigere le operazioni di polizia dall'Albergo Regina era il capitano della Gestapo Theodor Saevecke, coadiuvato per la cattura degli ebrei dal maresciallo delle SS Otto Koch e per i detenuti politici dal maggiore Ferdinando Bossi dell'UPI. Le violenze, le torture e le ruberie che gli arrestati furono costretti a subire testimoniano la crudeltà gratuita dei loro aguzzini. Ma questi atroci episodi non cancellano i segni di profonda solidarietà umana che singole guardie carcerarie, medici e infermieri, suore e sacerdoti dimostrarono con la loro presenza ai prigionieri. In questo libro parlano i protagonisti che ebbero la sventura di sperimentare i bracci infernali del carcere milanese prima di finire nei lager tedeschi e di sopravvivere ad essi con tracce indelebili nel corpo e nello spirito.
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Dettagli

2013
1 gennaio 2013
190 p., Brossura
9788842551911

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Luciano Aguzzi
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Nel volume sulle carceri di San Vittore negli anni dell'occupazione nazista, Antonio Quatela ci fornisce una dettagliata ricostruzione della realtà carceraria e della funzione delle carceri nell'ambito dell'opera repressiva condotta da tedeschi e fascisti contro l'opposizione politica e militare e per lo sterminio degli ebrei. Il 10 settembre 1943 i tedeschi occupano Milano e prendono subito il controllo delle carceri, che useranno per i detenuti politici e per gli ebrei e come centro di indagini di polizia e militari (interrogatori e torture) e di smistamento verso i campi di concentramento. Nelle pagine di Quatela scorrono i ritratti dei criminali di guerra tedeschi che si succedono alla direzione di San Vittore e degli aguzzini italiani repubblichini loro collaboratori. L'attenzione dell'autore è concentrata sulle carceri, ma la ricostruzione della trafila carceraria, dall'arresto alla morte o al trasferimento altrove dei prigionieri, lo porta ad una più generale informazione sull'intera organizzazione repressiva attuata a Milano: sui diversi centri operativi (quelli tedeschi e quelli delle squadre speciali fasciste), sulla repressione degli scioperi operai e la deportazione di migliaia di lavoratori, sui rastrellamenti contro gli ebrei e il loro trasferimento nei campi di sterminio in Germania, sulla deportazione a Fossoli di parte dei politici, e così via, con la citazione di decine e decine di nomi delle vittime e il racconto particolareggiato dei casi più significativi. Il racconto storico termina con il capitolo sesto dedicato agli «Spiragli di umanità», cioè alla citazione dei nomi e al racconto di qualche episodio, in particolare di guardie carcerarie italiane e delle suore addette alle carceri, le quali hanno cercato di aiutare i prigionieri politici e gli ebrei, nei modi possibili, soprattutto recapitando messaggi e permettendo così il mantenimento di un minimo di comunicazione fra i prigionieri e i loro familiari e amici all'esterno.

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