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Di certo l'opera più ambiziosa di Lovecraft, scritta poco prima della sua prematura scomparsa, questo romanzo breve di fantascienza nera può essere definito uno dei suoi numerosi capolavori. La prima parte è un pò troppo didascalica, ma subito dopo il romanzo spicca il volo divenendo una terrificante avventura mozzafiato, colma di arcani misteri, il ritmo diviene serrato, e la cupa atmosfera magistralmente costruita, fa precipitare il lettore in un imbuto di oscuri terrori. Sontuosa opera, spettacolo allo stato puro.
Recensioni
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IN GIRO SI MURMURAT
Volodine, Ligotti, Lovecraft: tre letture assolutamente non da spiaggia
Odiate l’estate? Lo spettacolo dei bagnanti vi suscita idee funeste? Se volete occupare la vostra sdraio nel modo meno spensierato possibile, proprio in questi giorni sono stati pubblicati in Italia due dei più tetri, visionari e disturbanti outsider della letteratura contemporanea: Antoine Volodine e Thomas Ligotti.
Volodine è il più noto tra i molti pseudonimi di uno dei più originali e apprezzati scrittori francesi viventi. Di lui non si sa molto, e alcuni lo considerano una specie di fou littéraire. All’inizio della sua carriera, negli anni 80, venne preso per fantascientifico ma Volodine guardava più a Lautréamont che a Asimov, e per chiarirlo ha elaborato non solo un proprio astruso mondo immaginario ribadito di libro in libro, ma anche uno specifico genere da lui battezzato post-esotismo.
“Angeli minori” (L’orma editore, con ottima traduzione di Albino Crovetto) è forse il suo libro più noto ed esemplare: una raccolta di bizzarre figure monologanti, collocate in un universo postumano attraversato da riferimenti novecenteschi (una rivoluzione comunista, “campi” non meglio precisati, élites capitaliste). I personaggi hanno nomi strani come Witold Yanschog o Alia Araokane, e raccontano storie secondo originali format orali chiamati “narrat”, “romånce”,“murmurat”.
Vivono soprattutto in Asia centrale ma a volte sembrano parlarci da una specie di oltremondo, alcuni di loro sono pluricentenari e capita si scambino la parola lasciando il lettore in uno stato di deplorevole confusione circa l’uso dei pronomi personali. Nel mondo apocalittico e catastrofico in cui vivono, gli “uomini” di Volodine stanno sparendo perché hanno smesso di riprodursi e quando lo fanno devono seguire insoliti protocolli non coitali.
Proprio su una decisa opzione “antinatalista” si basa il saggio di Ligotti intitolato “La cospirazione contro la razza umana” (trad. di Luca Fusari). Validissimo scrittore americano di racconti dell’orrore, molto amato tra i cultori del genere e diventato pop dopo avere ispirato “True detective”, Ligotti è anche un pensatore micidiale. Il Saggiatore ha pubblicato dei racconti e questo saggio filosofico tutt’altro che “tecnico”, godibilissimo per chiunque sia disposto a digerire una caterva di pessimismo programmatico tale che molti degli autori qui citati, da Schopenhauer a Michelstaedter, potrebbero passare per buonisti. La cospirazione del titolo è quella che perpetua la riproduzione umana con la scusa che “la vita va bene”.
Mettere in discussione questo assunto è l’obiettivo di un pensiero che si muove con scioltezza tra i grandi classici ma non teme incursioni nelle recenti frontiere della neuroscienza e della filosofia della mente. Con una scrittura gustosamente letteraria, non priva - grazie al cielo - di vette di umor nero, vengono smascherati i fondamentali tabù del pensiero, quei “truismi fuorilegge” tipo che la vita è insensata, la coscienza un errore cosmico e tutta la nostra cultura un edificio creato apposta per non farci pensare a cose simili.
Lovecraft è uno dei numi tutelari di Ligotti, e sembra giusto chiudere questa breve rassegna con un suo capolavoro, “Le montagne della follia”, ora ripubblicato con accurata puntualità sempre dal Saggiatore nella bella traduzione e curatela di Andrea Mostarbilini. Tra un tuffo e l’altro, il pessimistico bagnante potrà immergersi nel gelo empio di orrori protoplasmatici e nell’antico regno antartico dove ebbero inizio, secondo il solitario di Providence, i primordi della vita umana, inseguendo le tracce di un altro immenso e visionario romanzo polare, il “Gordon Pym" di Poe.
Recensione di Carlo Mazza Galanti
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