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In questa breve ma intensa immersione nella cultura tedesca del secondo dopoguerra vengono individuati alcuni temi, più volte ripresi, che investono soprattutto il rapporto con la modernità e gli effetti della ricostruzione di due assetti politici (Brd e Ddr) nati sulle macerie lasciate dal nazismo. Alla vitalità delle nuove avanguardie culturali - emblematica quella del Gruppo '47 che si prefigge di rinnovare la lingua usata dal nazismo - corrisponde, sul piano politico-sociale, il buco nero dell'oblio intorno al passato, apparentemente colmato da un trainante sviluppo economico. Occorre attendere il movimento del 1968, e una nuova generazione, per trovare la volontà di guardarsi indietro e fare i conti con le responsabilità dei padri. Le pagine di Maj sono maggiormente incentrate sulle vicende della Germania federale, il cui territorio, dal punto di vista politico e delle alleanze strategiche nel quale è inserito, viene definitivamente conquistato all'Occidente, categoria, quest'ultima, mai pienamente accettata dalla precedente cultura tedesca, anche a causa di un conflittuale rapporto con la modernità. Viene sondata la cultura tedesca anche al di là dei confini delle Germanie, recuperando, fra le altre, dalla Svizzera tedesca e dall'Austria, le rilevanti figure di Max Frisch, Friedrich Dürrenmatt, Thomas Bernhard e Peter Handke. Persino il cinema, a partire dagli anni sessanta, è immesso in questo complesso affresco sociale, segnato negli anni novanta da una sorta di trauma da riunificazione. Apprezzabili le analisi sulle ragioni del rigurgito neonazista e xenofobo che marca con forza anche il versante orientale, così come è colto il fine metastorico degli assunti di Ernst Nolte. Ne esce l'immagine di un'identità nazionale che, più di altre, è ancora da plasmare, in bilico com'è tra la riappropriazione (democratica) dei simboli della forza e l'univoca e persistente sottolineatura della nuova cesura costituzionale del 1949. Parafrasando il senso del lungo itinerario del regista Edgar Reitz attorno alla Heimat, si ha l'impressione di un processo ricco quanto convulso, alla ricerca di una patria quasi introvabile.
Mirco Dondi
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