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Descrizione


A partire dalla prima guerra mondiale nasce un profondo legame tra mass media e conflitti. Il libro ripercorre la storia di questo rapporto, analizzando il ruolo che i mass media hanno ricoperto nelle guerre del XX secolo, considerando i diversi contesti, la trasformazione nelle strategie belliche e lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione. Dalla guerra totale all'ultima guerra del Golfo, passando per il Vietnam, le guerre umanitarie e i conflitti "etnici", i mass media sono stati a volte passivi strumenti di propaganda, a volte attivi partecipanti, a volte colpevolmente assenti.
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Dettagli

2007
15 marzo 2007
128 p., Brossura
9788843039166
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Indice

Introduzione 1.I mass media e la guerra totale/ L'incontro tra i mass media e la guerra/ Informazione e propaganda nella Grande guerra/I reporter, la propaganda e l'avvento del cinema/I mass media e la seconda guerra mondiale/Per riassumere… 2.I mass media e i conflitti limitati/Media e conflitti durante la guerra fredda/I miti sulla colpevolezza dei media/L'avvento della televisione/L'offensiva del Tet e la breccia nel consenso/Per riassumere… 3.Guerre invisibili, terrorismo e media diplomacy/Le guerre cieche/Mass media e terrorismo/I media come peace-makers/Per riassumere… 4.I media e le 'guerre degli altri'/Media e nuove guerre/Le guerre nei Balcani/Il Rwanda e i limiti dell'informazione globale/Guerre dimenticate e 'CNN effect'/Per riassumere… 5.Le guerre del Golfo e l'11 settembre/ L'apogeo della guerra come forma di comunicazione/La prima guerra in diretta/La guerra globale permanente/I media globali in guerra: Iraq 2003/Per riassumere… 6.La guerra di informazione per la Palestina/Immagini di un conflitto/La prima Intifada e il processo di pace/I miti di Camp David/La seconda Intifada/Per riassumere… / Bibliografia.

Voce della critica

Si sa che le sintesi non sono agevoli, si espongono a rischi che vanno dall'elusività alla sottovalutazione alla concettosità. Nel caso del libro di Enrico De Angelis, dell'Università di Bologna, le cose non stanno così. Il tema che si è scelto – la guerra e i mass media – è molto complesso e risulta da un insieme di "complessità". Prima fra tutte quella del contesto, cioè del tempo e del luogo. Il tempo di questa storia è il Novecento, con le sue peculiarità: industrializzazione, tecnologia, nascita della società di massa. Tre componenti che interagiscono e modificano sia la natura della guerra sia la natura dei mezzi di comunicazione. De Angelis ricostruisce per sommi capi fondamentali la storia di un rapporto in continua evoluzione: ogni tipologia di guerra ha un suo medium rappresentativo – la guerra di trincea i giornali, la guerra aerea la radio, la "guerra a distanza" la televisione –, ogni segmento storico del Novecento ha il suo medium che prevale sugli altri. In questo rapporto sono constanti il pubblico e gli addetti all'informazione. Trattare il rapporto fra guerra e media significa così delineare il profilo di una professione – quella del reporter di guerra, appunto – che entra in un dialogo sempre più stretto con quello che il potere vuole comunicare al suo pubblico. Il libro dimostra che i media sono strumenti di organizzazione del consenso sempre più dipendenti dal potere – giacché autonomi non lo sono mai stati – nel mondo occidentale. Lo spazio in cui il lavoro di De Angelis si muove è tra Europa e America: distingue gli stili di propaganda bellica dei vari governi e si sofferma su due momenti periodizzanti: la seconda guerra mondiale e la guerra del Vietnam, sgombrando il campo da una serie di luoghi comuni. Nell'insieme l'autore convince chi legge che il rapporto tra guerra e media sia giunto ad annientare la possibilità di raccontare la guerra, instillando il dubbio che questa possibilità non sia mai esistita.
  Enrica Bricchetto

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