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Il testo,senza presentarsi come tale, rimane un viatico fondamentale per comprendere la "tarda modernità" in cui siamo situati. Se si vuole conoscere quali sono stati i mutamenti profondi ed i tratti peculiari che si sono cristallizati in superficie,nelle società occidentali moderne,questo testo aspetta solo di venire attraversato con curiosità e pazienza. I due argomenti portanti che avviano e portano alla conclusione questo poderoso saggio sono il "senso comune" e il multiforme concetto di "esperienza"(o di esperienze)e purtroppo non ho caratteri sufficienti per potermi inoltrare nella descrizione di questi. L'oscillazione,il ritmo ed il passaggio da una dimensione cognitiva e percettiva all'altra,tra questi due poli appena menzionati, è la chiave di volta per provare a comprendere due affascinanti concetti storico-filosofici.Concetti da cui,tra le tantissime cose che implicano e fascino a parte,dipende il delicatissimo stato del nostro conoscere il mondo e i nostri simili. Questo saggio di teoria sociale è intriso di filosofia,sociologia raffinati all'inverosimile, con un'attenzione a non sbilanciare il testo con "inflessioni" di valore da parte dell'autore,purtuttavia bilanciando l'avalutatività imprescindibile nella scienza in questione(la sociologia) con un'umanità e un amore teso alla conoscenza in sè("iuxta propria principia"). Il testo però non è sbilanciato né nella forma che nel contenuto,perché l'autore opta per un doppio registro che è sia formalmente pregievole che costitutvamente articolato,mi sembra,e potrei sbagliarmi di grosso,che la tessitura dei capitoli scorra in maniera circolare:si ritorna "ritmicamente" sui punti che sono cari all'autore,ma non tanto per sdottoreggiare o esibirne il possesso ma per smontarli e rimontarli davanti al nostro sguardo,per aiutarci a comprenderli,prendendone confidenza da punti di vista plurimi,simili ma anche abituandoci alla traiettoria di eventuali provenienze/diramazioni inusuali. Poi,si sa,repetita iuvant.
Libro a mio parere noioso
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