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L'indice è stato troppo severo nei confronti di questo grande libro scritto con rara eleganza...l'abile scrittore ci catapulta nel sottile mondo dei bibliofili con un'atmosfera densa di mistero che non abbandona mai il lettore.Un romanzo per palati fini che cercano qualcosa in più...un brivido diverso dal solito...un tocco di classe rispetto a molti altri libri di genere analogo....complimenti a Perez Revert!
"Tutto qui?" : sono queste le parole che mi vengono in mente ripensando a questo libro. Omicidi, intrighi, sette, perfino il diavolo...esattamente a che pro??? Non voglio bruciarvi il finale, ma vi consiglio di non aspettarvi troppo. Da uno che tira in mezzo Dumas e i tre moschettieri mi sarei aspettata moooolto di più!
Mi associo pienamente alla linea che prende le distanze sia dalla recensione più sopra riportata, sia da quell'obbrobrio del film "La nona porta". Un libro avvincente, divertente, la cui fruizione si eleva nettamente dal piano del medio thriller mainstream. E forse, proprio per questo, disorienta il lettore non più abituato ad un impegno intellettuale anche nel puro divertissement. Vivamente consigliato.
Recensioni
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scheda di Visintin, G., L'Indice 1997, n.11
Che la si spieghi con l'ambizione, l'avidità o la sagacia, la quantità di ingredienti versati nel calderone di questo omaggio all'indiscusso maestro del genere avventuroso e d'intrigo, unita alla congerie di riferimenti e citazioni più o meno velate provoca fin dalle prime pagine del romanzo un frastuono frivolo e costante che disorienta il lettore e stenta a catturarne la dedizione appassionata. Manca dunque una delle condizioni essenziali per godersi l'avventura, che sia allo stato elementare dei prototipi dumasiani o in una combinazione, come questa, all'ennesima potenza, che coniuga Philip Marlowe a D'Artagnan e il consumo pervicace di gin Bols con una bibliofilia nella quale si ritrova più di un'eco di Eco. Non riesce a rendere più digeribile la ricetta l'inclusione di illustrazioni piuttosto ingenue e tabelline che dovrebbero servire a interpretare le crittografie celate in un trattato secentesco di arti diaboliche intorno al quale si sviluppano molte peripezie del protagonista. Diagrammi e tavole sono offerti al lettore a più riprese perché vi applichi le proprie congetture, se riesce a non farsi annoiare dall'inusitata disamina dei cavilli bibliografici su cui amano esercitare la propria passione i collezionisti di antiche edizioni, e che dà modo di incontrare a ogni piè sospinto un'esilarante "edizione principe" (della quale va forse ringraziata la traduttrice?), che dovrebbe rendere il termine tecnico "editio princeps".
Da questo ben poco riuscito centone non si salva che qualche piccola notazione più originale, come quando, nel turbine delle passioni bibliofile e d'altra natura che lo circonda, il protagonista ricorda un personaggio dei "Tre moschettieri" e si rende conto con disincanto che il particolare che glielo fa tornare in mente si è apocrifamente radicato nella memoria soltanto grazie a una scena del film hollywoodiano nel quale Lana Turner interpretava il personaggio di Milady. Il protagonista risulta insomma quanto di più lontano sia dall'arguzia di Guglielmo da Baskerville sia dai languori e dalle passioni di Jacopo Belbo. Si muove fra rarità bibliografiche e belle donne piene di fascino e di mistero senza che la sua ostentazione di cinico idealismo lo aiuti molto a diventare un personaggio davvero riuscito. A giustificazione del titolo, a un certo punto fa la sua apparizione una setta simile a quell'accolita di melomani verdiani che in quel di Parma si sono ribattezzati ciascuno con il titolo di un'opera del maestro di Busseto. Ma chissà se Dumas gradirebbe il complimento?
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