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Uno
La mattina del cinque marzo sono uscito da solo e di umore sospeso perché il tempo era brutto e perché avevo una strana curva nei pensieri, e il cavallo mi ha preso la mano. Non era uno dei miei: un purosangue inglese scartato alle corse di nome Duane, mille volte più instabile dei meticci tozzi di campagna con cui mi ero messo in testa di ritrovare la naturalezza equina perduta. Aveva un muso tutto narici dilatate e occhi bianchi pazzi allontanato da un collo stretto e lungo, un corpo levrettato di ossa sottili e muscoli a fior di pelle e nervi tirati come corde di chitarra elettrica; potevo sentire attraverso le gambe e il bacino e le braccia la paura e il bisogno frustrato di movimento che gli passavano dentro come una corrente, lo facevano fremere e recalcitrare ogni pochi passi. Mi tornava il suono delle parole che io e Anna ci eravamo ribattuti a proposito dell'occuparci di cavalli e di proprietari di cavalli così diversi dalle nostre intenzioni originarie: il modo istantaneo in cui eravamo scomparsi nei nostri ruoli acquisiti, l'uomo non-realistico e la donna con i piedi per terra che si fronteggiano dietro barricate di ragioni. C'era un vento cattivo di nord-ovest, ci è arrivato addosso più forte quando abbiamo girato all'antico santuario diroccato. Duane muoveva le orecchie e scartava a ogni fruscio tra i rami del bosco; e credo che sentisse le mie tensioni irrisolte come io sentivo le sue, l'alfabeto di segnali cifrati.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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"E ho pensato che forse le ragioni della mia infelicità erano dentro di me anziché fuori; che avevo continuato a disamorarmi di ogni donna e lavoro e storia appena accennava a perdere la sua magia iniziale solo perché non ero in grado di sostenere una responsabilità adulta né di interpretare in modo positivo i comportamenti evoluti della nostra specie."
Una caduta da cavallo, un momento di smarrimento del protagonista, Luca, il dolore fisico, ma (ben più importante) l'improvvisa illuminazione, la consapevolezza di una totale infelicità, la scontentezza di una vita che appare in tutta la sua crudezza: questo è l'avvio dell'ultimo romanzo di Andrea De Carlo e, forse, la conclusione di un itinerario narrativo che accompagna i personaggi di questo autore attraverso il passare degli anni, prima ventenni, poi trentenni in crisi, ora quarantenni non assimilati al sistema. Luca aveva compiuto una scelta di vita difficile, abbandonata una carriera di distributore cinematografico, ben avviata e piena di vantaggi economici, per noia e stanchezza (più volte nel romanzo ripeterà che quando una cosa non diverte più bisogna passare ad altro), separatosi dalla moglie per la stessa ragione, si era rifugiato nella campagna romana aprendo un maneggio "alternativo" e avviando un rapporto sentimentale con una giovane allieva, Anna.
Il romanzo si apre proprio quando sia l'attività professionale che la convivenza con Anna erano entrate a far parte di "ciò che non diverte più", "ciò che ha stufato", situazione di cui non c'è ancora piena consapevolezza, ma che appare invece chiarissima dopo l'evento choc, il trauma rivelatore: la caduta da cavallo. L'incontro casuale con una donna, Alberta, che raccoglie il malandato Luca dopo l'incidente e che inizia con lui una strana amicizia, renderà ancora più evidente il bisogno di fuga e di cambiamento del protagonista dalla campagna, dai cavalli, da Anna. Così Luca va a Roma, inseguendo la donna (la libertà). Qui incontra il figlio, ha con lui un dialogo faticoso e frustrante in cui cerca di spiegare al bambino se stesso e le sue scelte (in realtà cerca di mettere a fuoco la sua vita), ma la comunicazione è difficile, i bisogni del padre e del figlio diversi e lontani e questo incontro non aggiunge chiarezza, non apre nuove strade, ne chiude però di vecchie, di già percorse. E a Roma avviene anche l'incontro "fatale": accanto al corpo di Alberta, che ha appena tentato il suicidio, Luca vede Maria Chiara, la sorella dell'infelice amica e capisce come quello sia "il momento" della sua vita.
Nel giro di quarantotto ore decide di abbandonare tutto il suo passato, donna e cavalli, di tornare a vivere in città, di ricominciare da capo, ma soprattutto di amare quella che è, e per la prima volta ne ha la certezza, la donna della sua vita.
Chi conosce e ama la scrittura di Andrea De Carlo ritrova in questo ultimo romanzo i canoni stilistici fondamentali di questo autore. Dialoghi che in realtà sono più rivolti all'interno che al proprio interlocutore, forma semplice ed essenziale, comunicazione delle problematiche attraverso segni, accenni, sintomi, più che elaborazioni verbali e interventi dell'autore. Anche i personaggi appaiono l'evoluzione di quelli dei romanzi precedenti, più maturi, ma ugualmente non integrati e irrequieti, praticamente vari aspetti dello stesso autore che si specchia nelle sue creature letterarie, proiettandovi quelle difficoltà di adattamento all'età adulta e alla società competitiva odierna che di certo lo caratterizzano.
A cura di Wuz.it
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