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Un capolavoro, magistrale, bellissimo. La mole è proporzionata alla bellezza di un romanzo in cui tutto, davvero, è perfetto. I personaggi, l'ambientazione, la storia sono così veritieri, credibili, da diventare simboli, immortali.
Il termine "mattone" potrebbe essere assegnato a questo volume solo se inteso nel suo senso complesso, non solo di "noia" (che anche quella c'è) o di lettura faticosa (e ce n'è abbastanza), ma anche come "tassello per la costruzione di". Fuor di metafora, la lettura è lunga, difficile e a volte assomiglia ad un esercizio penitenziale. Tuttavia io credo che questo lavoro sia importantissimo e alla sua comprensione, purtroppo, non aiuta la mia personale ignoranza (ma credo non solo mia) non tanto sulla storia della DDR ma sulla vita sociale e quotidiana. Il mirabile affresco della Germania Socialista arriva a chi scrive mutilato delle parti che l'autore conosce come la propria vita. Manca l'aggancio (manca a me, voglio dire) per capire appieno la complessa realtà della vita quotidiana nella DDR. (sarebbe come spiegare ad un tedesco medio cosa abbia rappresentato la "TV dei ragazzi" negli anni '70). Però Tellkamp ha acceso in me una fortissima curiosità su quel periodo e la voglia di approfondire. E quando un libro rimanda ad altri libri ha già compiuto un passo essenziale della propria necessaria esistenza.
Lettura impegnativa e che richiede pazienza in considerazione dello stile dell'autore,immaginifico e ricco di lunghe descrizioni. Forse le 1302 pagine avrebbero potuto essere lievemente "sforbiciate". Il risultato è comunque un affresco impressionante di ciò che era la DDR e di come vi si viveva. In ogni caso è un buon libro da consigliare.
Recensioni
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Anche al pubblico italiano è ora accessibile il terzo romanzo del quarantaduenne Uwe Tellkamp, uscito in Germania nel 2008 con il titolo Der Turm. Geschichte aus einem versunkenen Land. Già insignita in patria dei più importanti riconoscimenti letterari (tra gli altri, il Deutscher Buchpreis e il premio Uwe Johnson), questa monumentale narrazione introduce il lettore in un variopinto caleidoscopio di avvenimenti e personaggi strettamente legati a Dresda, città natale dell'autore, tra il 1982 e il 1989. Sullo sfondo degli eventi susseguitisi tra la morte di Brenev e la caduta del Muro di Berlino, Tellkamp intreccia le vicissitudini di un'agiata famiglia con il destino di una Repubblica democratica tedesca irrimediabilmente volta all'autodissoluzione.
Il titolo del romanzo fa riferimento alla Turmstrasse, la "via della Torre", situata in un rinomato distretto cittadino di nobili ville in decadenza. Le atmosfere eleganti di una borghesia nostalgicamente appartata e sbiadita dal tempo, scandite nel testo da note di violoncello e dal ticchettio di vecchie pendole impolverate, invitano il lettore a un'immediata lettura allegorica del romanzo. Incastonata nel cuore del socialismo reale tedesco, l'immagine della torre rimanda infatti a una società di nicchia che, memore della Società della Torre di goethiana ascendenza, si configura nel testo come una moderna torre d'avorio: uno spazio protetto in cui i protagonisti, tra letture colte e conversazioni da salotto, cercano rifugio alle insanabili aberrazioni del sistema. In un affresco storico-sociale vasto e dettagliatissimo, trovano magistralmente spazio le contraddizioni di una Germania socialista ufficialmente priva di classi, eppure paradossalmente presentata proprio attraverso gli occhi della sua élite. Medici, scrittori, musicisti, industriali e redattori editoriali figurano tra gli esponenti di una casta socio-intellettuale che, quanto più è influente e circondata di privilegi, tanto più difficilmente può sciogliere i nodi del potere che la soffoca.
Si tratta di eredi di un Bildungsbürgertum in costante conflitto con le ipocrisie di partito, di un'intellighenzia alla ricerca di un equilibrio tra il rifiuto del compromesso e la necessità di scendere a patti con il potere: il chirurgo Richard Hoffmann disprezza il sistema, ma non esita a imporre al figlio Christian un opportunismo di carriera. Christian, parimenti avverso all'invasività del regime, sarebbe comunque pronto a tutto pur di entrare a far parte di una tra le istituzioni più prestigiose dello stato, l'università. Meno Rode, cognato di Richard e stimato redattore presso una nota casa editrice, disdegna la cecità della censura, ma intrattiene rapporti d'elezione con l'"aristocrazia rossa" del Politbüro locale. Con il procedere del romanzo la classe sociale ritratta da Tellkamp contesta il potere in modo progressivamente più deciso, senza tuttavia ricorrere ad aperti atti di sfida, ma piuttosto contrapponendo all'oppressione di stato il sovversivo estetismo di un modus vivendi che, proprio per la sua raffinata e appartata decadenza, risulta sospetto e inviso all'apparato socialista. Alla svilente coazione del sistema, gli abitanti della Torre rispondono con l'eleganza di un'esistenza in cui ritagliare fino alla fine, tra pregiate edizioni di Thomas Mann e concerti di musica classica, residui spazi di libertà intellettuale.
L'impianto lineare del romanzo risulta nel complesso efficace per la rappresentazione del collasso tedesco-democratico, presentato da un prospettiva quella dell'intellighenzia borghese tutt'altro che banale. Lo stampo storico-realistico del testo conferma inoltre un'interessante tendenza in atto nella rielaborazione letteraria del passato-Ddr: diversamente dal prevalente autobiografismo degli anni novanta, Tellkamp si affida a una narrazione di ampio respiro epico. Il risultato è un magnifico esempio di grand récit che allarga lo sguardo oltre i bilanci esistenziali individuali e la contingenza dei rivolgimenti storici. Se è vero che le milletrecento pagine del romanzo rappresentano un'autentica prova di resistenza (alcuni capitoli risultano superflui e faticosa a volte la minuzia di alcune descrizioni), la lettura è alla fine appagata dalla grandiosa visione complessiva di un mondo tedesco-socialista che, oggi scomparso, non manca di soggiogare il pubblico, anche nella felice traduzione di Francesca Gabelli.
Andrea Rota
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