All'incirca nel 1580 Giambologna costruisce per Francesco I de' Medici un gigante di quattordici metri di altezza da collocarsi nella villa di Pratolino. Nel suo corpo cavo come un vaso alchemico è tracciato un percorso iniziatico che dal basso raggiunge la testa e l'apertura degli occhi. Leggere il "gigantesco" volume di più di duemila pagine dedicato a due "colossi" della letteratura, il gigante Gargantua e il gigante Pantagruele, suo figlio, dà l'impressione di effettuare un analogo percorso iniziatico, "dall'interno", nella sostanza corporea e spirituale della scienza cinquecentesca e della coscienza moderna. Il "gigante" della Bompiani contiene tutti e cinque i libri nei quali François Rabelais (1483?-1553) narra nel suo straordinario francese e nella traduzione a fronte curata da Lionello Sozzi e dalla sua squadra di specialisti (Antonella Amatuzzi, Dario Cecchetti, Paola Cifarelli e Michele Mastroianni) le altrettanto colossali gesta, i vasti progetti e le grandi riflessioni e idee dei protagonisti. Attraverso l'introduzione generale, le introduzioni a ognuno dei cinque libri, la nota bibliografica, le note ai testi, si ha la sensazione di penetrare (così come fa l'autore entrando in altri mondi attraverso la bocca aperta di Pantagruele) nel corpo testuale, di scoprirne via via i più segreti elementi costitutivi, le alchimie formali e concettuali che hanno permesso la sua costruzione. Il viaggio nelle "viscere" (il corpus critico del volume) in cui si sono elaborati il sangue e la linfa del romanzo rabelaisiano prevede ripetute visite al laboratorio di citazioni e allusioni tratte dall'immensa biblioteca mentale dello scrittore e alla fucina in cui si sono incontrati e scontrati per secoli i vari punti di vista espressi sull'opera. Nel racconto della nascita, della vita e delle avventure di Gargantua e Pantagruele scaturisce essenzialmente una fusione alchemica, una coniunctio oppositorum, fra una cultura bassa, subalterna, folklorica, carnevalesca, e una cultura alta, riassunta nella parola umanesimo, con cui Sozzi sottotitola la sua introduzione, nella quale ricolloca magistralmente lo scrittore nel contesto del suo tempo. Essere "tra due" sembra caratterizzare le interpretazioni che si fanno del romanzo di Rabelais: tra medioevo e Rinascimento, popolare e colto, volgare e sublime, comico e serio, realtà e fantasia, realismo e utopia, concretezza e immaginario. Lo stesso Sozzi segna all'interno dell'umanesimo rabelaisiano un doppio, intersecato percorso interpretativo che ci permette ancor oggi di accedere con entusiasmo e interesse ai territori di questo romanzo: la gioia della narrazione, dell'invenzione, che suscita altrettanta gioia nel lettore, accompagnata dalla dimensione morale e filosofica del dubbio nella ricerca della verità e della saggezza. Penso che si possa tentare di racchiudere i fatti e le gesta di Gargantua e Pantagruele circoscrivendoli nella metafora del viaggio: viaggio reale (la geografia reale, la realtà politica, religiosa, etica, sociale, culturale dell'Europa del Cinquecento) e immaginario (la geografia visionaria, i personaggi fantastici, i giochi linguistici, gli stupefacenti intrecci narrativi, ecc.). Come ogni iniziazione questo viaggio esteriore e interiore richiede uno sforzo, una salita verso l'alto, la testa e gli occhi del gigante attraverso i quali traguardare ciò che ci circonda e ciò che noi siamo. Credo che il "gigantesco" volume della Bompiani realizzi questo antico scopo-desiderio formativo della coscienza che si raggiunge eventualmente solo per il tramite del processo iniziatico che una lettura vera e propria su carta richiede. Il libro Gargantua e Pantagruele è come un osso con il midollo; necessita di un lettore fedele che lo contempli, lo annusi (l'appetitoso odore del foglio stampato), ne fiuti la bontà, non lo abbandoni come non si abbandona una buona pista, ne sorbisca il contenuto. Cosa spinge il lettore accanito a sorbirsi il suo libro come un cane il midollo del suo osso, si chiede Rabelais, se non la ricerca dell'interno significato della religione, della politica, della famiglia, dell'esistenza? Garanzia del successo di tale ricerca una lettura sempre attenta, una riflessione assidua, una "navigazione" appassionata tra le pagine. La relazione "attiva" con il libro a stampa è favorita dalla scelta editoriale del testo francese a fronte (a cura di Mireille Huchon). Curiosare sul rapporto anche solo visivo fra parola originale e parola tradotta (pensiamo al calligramma della divina bottiglia) è un "morso" in più dato al libro che permette al lettore italiano non iniziato al francese di compiere il primo passo verso il felice raggiungimento del "sostanzioso midollo" in modo da cominciare a gustarlo nel suo sapore originario. Marco Lombardi
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