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Dicker non tradisce mai. Non ho voluto dare le 5 stelle solo per l'inizio del libro, a mia opinione un pò lento e abbastanza ripetitivo. Ma poi decolla, e ti puoi immergere negli anni difficili della seconda guerra mondiale nella Francia occupata. Si vede che questo è il primo romanzodi Dicker, anche se uscit oanni dopo, lo scrittore non ha ancora la maturità dei suoi futuri romanzi. Comunque lo consiglio agli amanti del genere.
Personalmente mi è piaciuto molto. Avevo letto recensioni poco positive però questo libro ti fa capire tante cose. parla della guerra, e di come le persone si sentono quando sono lontani dai suoi cari. Ho dato quattro stelle solo perché in alcuni punti l’ho trovato un po’ ripetitivo. Ma per il resto lo consiglio
Un romanzo che descrive di agenti segreti, partigiani e soldati come bambini o adolescenti, non so cosa pensarne, solo una frase mi ha colpito, nelle ultime pagine " non si può scrivere di ciò che non si è vissuto" e quindi sono solo io che vissuto a quei tempi posso parlarne, ma se non ne parlo tu non puoi saperne niente.. E su questa affermazione devo ammettere che anche io, quando cercavo di parlare con mio padre della guerra, mi scontravo contro un muro, mio padre fu deportato dai tedeschi, dopo tre anni di guerra, in un campo di lavoro in Germania. Non ne parlava, se ne vergognava. Anche lui era un ragazzo di diciotto anni quando si arruolò, la sua adolescenza non è mai esistita, il passaggio repentino da ragazzo a uomolo ha cambiato. Tornando al romanzo in effetti i personaggi sono quasi tutti ragazzi che diventano agenti segreti per combattere in Europa contro i nazisti, ed in effetti non mi è difficile credere che abbiano sofferto più per la mancanza della propria famiglia che per la guerra, sembrano ragazzini che giocano alla guerra, pensano come ragazzini, soffrono come ragazzini. Non senbrano uomini duri e temprati dalla guerra, e se fosse stato così realmente? Non lo sapremo mai. Romanzo che si legge facile, scritto in maniera fluida e con descrizioni elementari, storie semplici, forse troppo semplici. Ne risulta alla fine un romanzo che racconta storie in cui i personaggi sono descritti come adolescenti in cerca di amore e di affetti, sentimenti che cozzano contro una realtà di guerra mondiale.
Recensioni
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Dopo il successo di La verità sul caso Harry Quebert, il giovane Joël Dicker presenta il suo romanzo storico d’esordio, una storia ambientata durante il secondo conflitto mondiale.
«Che tutti i padri del mondo, al momento di lasciarci, sappiano quanto sarà grande il nostro pericolo senza di loro.»
È il 1940 quando Churchill, per evitare la distruzione dell’esercito britannico a Dunkerque, progetta una squadra di servizi segreti, la SOE - Special Operations Executive - che cambierà le sorti della guerra. Nella segretezza più assoluta vengono reclutati giovani patrioti inesperti in un corpo speciale nato con il fine ultimo di sabotare il nazismo.
Gli Uomini di Dicker sono un gruppo di giovani insospettabili. Allenati e addestrati in Inghilterra, i soldati che superano le selezioni saranno inviati nella Francia occupata, incaricati di svolgere azioni di controspionaggio tedesco e di intelligence tra le linee nemiche. Tra di loro c’è Pal-Émile, parigino dall’animo sensibile che ha dovuto abbandonare il padre per rispondere alla chiamata della sua vocazione: difendere il proprio paese dal nazismo, proteggere il suo credo, quello negli Uomini. Mentre il padre, rimasto solo, aspetta notizie dal suo unico figlio, con la porta di casa simbolicamente sempre aperta, Pal inizia un’esperienza tanto terribile quanto umana: la squadra della SOE si rivela essere anche una squadra di amici, chiamati tutti alla stessa vocazione. Ognuno di loro è messo alla prova dal coraggio, dalla guerra, dai rapporti familiari squarciati, mentre in loro si fa strada sempre più la parabola evolutiva di una crescita, di un cambiamento.
Joël Dicker riesce a ribaltare completamente le capacità morali dei suoi protagonisti. Attraverso un forte spessore psicologico e, aiutato da una nota di melodramma, rende ambigue le debolezze dei personaggi positivi, portati a sfiorare atteggiamenti di tradimento, e rende sorprendenti i personaggi più fragili, spinti ad afferrare la forza di un eroismo nascosto.
L’addestramento, l’ostilità militare, le strategie poliziesche alternano la tensione della lettura a momenti di terribile sconforto umano che affligge i personaggi. Alla fine però tutto torna al proprio posto, in un incastro di tasselli che risarciscono il lettore di tanta tristezza. È il chiarore della speranza che si fa spazio nel peso di tutta quella violenza, subita e imposta.
Dopo La verità sul caso Harry Quebert, vincitore del Grand Prix du roman de l’Académie Française nel 2012 e del Prix Goncourt des lycéens dello stesso anno, ecco che il giovane scrittore svizzero si aggiudica, con questo suo esordio a lungo rimasto senza editore, il Prix des écrivains genevois del 2010.
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