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Lodoli ha avuto una buona idea. Con il suo stile realizza un'opera non trascurabile che avrebbe meritato maggiore ampiezza e profondità.
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Un avvincente viaggio nella letteratura seguendo il filo rosso che unisce dolorosamente la passione della Maga e il destino dell’Eroe.
"Io sto bene. Sì, ripete ostinatamente l'eroe, io qui sto bene, ed è forse da questa crepa che entra il vento del mare"
Spesso nell’epica, nei miti, nei poemi, nei romanzi cavallereschi compare una coppia legata dal destino e dal dolore: l’Eroe e la Maga. Archetipi, più che persone, i due personaggi hanno un sistema di valori, un fato, un potere molto diverso l’uno dall’altra, quasi opposto.
La Maga con la sua forza incomprensibile e arcana si crea un piccolo paradiso, un porto sicuro al riparo dal dolore e dalle sciagure della vita, dove regna, sola, regina di niente. L’Eroe è destinato a grandi imprese, alla fondazione di città, alla conquista di premi divini, alla gloria, spesso alla morte, sempre al dolore.
Eppure per un breve momento i due si incontrano, le loro storie si intrecciano e l’amore irrompe nelle loro vite. La Maga per tradizione è colei che arde di sentimento, mentre l’uomo è solo piegato dalla passione, ma ciò non nega la realtà: per qualche tempo, non importa quanto breve, l’Eroe si inchina al potere della donna, contro cui sono inutili le armi del mondo maschile in cui eccelle.
Lodoli ci accompagna in un viaggio attraverso la letteratura e la storia, alla ricerca della sciagurata coppia Eroe/Maga: Ulisse e Calipso, Enea e Didone, Giasone e Medea, Teseo e Arianna, Ruggiero e Alcina, Rinaldo e Armida. L’autore con poche intense pennellate tratteggia il profilo di queste figure che giganteggiano nell’immaginario occidentale: la furbizia di Ulisse, la pietas di Enea, la meschinità di Giasone,…
Talvolta interpreta questi personaggi rovesciandoli, andando a scavare dietro lo stereotipo: davvero Ulisse ha resistito otto anni ai tentativi di seduzione di Calipso, senza cedere nemmeno una volta? E perché Teseo abbandona Arianna quando le deve la vita? La sua è disgustosa ingratitudine o forse comprende che Arianna non è destinata a essere la sposa di un mortale ma la consorte di un dio, Dioniso per la precisione?
Lodoli scrive della Maga e dell’Eroe anche come personificazioni degli archetipi, come protagonisti di una storia eterna destinata a riaffiorare infinite volte, fin quando gli uomini sapranno tessere le parole in racconti. Ecco quindi che, fra Ulisse e Giasone, fra Didone e Armida, un Eroe è mollemente avvinghiato alla sua Maga e brucia di un desiderio che neppure i mille incantesimi della donna possono saziare: gloria, guerra, sofferenza, vittoria. Un suggestivo intermezzo che simboleggia l’eterno contrasto insanabile che vediamo manifestarsi in mille eroi e mille seduttrici.
“L’eroe e la maga” vince così nel suo tentativo di coniugare l’alta cultura con l’ampia divulgazione, incantando sia i lettori meno esperti sia i cultori di lettere.
Dopotutto, perché i classici sono detti tali? Perché parlano all’uomo in ogni epoca, in ogni luogo, affrontando temi universali perché squisitamente umani. Chi non ha mai provato la tentazione di ritirarsi dal mondo e nascondersi in un bel giardino, colmo di piaceri superficiali e giornate vacue e deliziose? Chi di fronte alla sofferenza non ha mai bramato un po’ di sciocca felicità?
Lodoli ci insegna che questo desiderio di fuggire dal dolore e chiudersi nel sentimento è ciò che prova l’Eroe, stremato dalla fatica, quando ode la voce ammaliante della Maga.
A cura di Wuz.it
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