Fuganze sono per l'autrice le tante fughe avvenute sotto la spinta di conflitti militari ed etnici nel tormentato territorio di confine, tra Friuli, Venezia Giulia, Dalmazia, a partire dagli esodi della prima guerra mondiale, al confuso dopoguerra della seconda, fino a quelle legate agli sconvolgimenti violenti delle guerre in Croazia e Serbia per sfuggire alla miseria o ad altro. Sono fughe, approdi o esodi quelli narrati da Maria Carminati in una breve raccolta di racconti segnalata dal Premio Calvino, i cui protagonisti di ogni nazionalità, le vittime, sono spesso bambini in cui affiorano tenere nostalgie di paesaggi, luoghi, mare, o adulti travolti, spinti altrove dai conflitti. In L'ospizio dei sensi, un racconto perfetto, l'autrice parte da emozioni personali, forse di un sé bambina, colte con estrema chiarezza e lucidità, con una sensibilità pittorica quasi impressionistica che delinea luci e ombre, ma anche silenzi e voci, con uno sguardo quasi contemplativo. Siamo a Grado nel 1953, la bambina solitaria, spiando in controluce la vita della colonia di fronte, coniuga il presente di altre persone con il ricordo dell'esperienza dolorosa di qualche anno prima, del suo esodo da Pola. Poi lo sguardo si allarga ad altre storie. In Orfani di mare ci troviamo durante il conflitto serbo-croato. Una comunità di orfani da Dubrovnik ha trovato rifugio sull'altra sponda dell'Adriatico, a Lignano. Lo stesso mare ma diverso, un mare che accomuna nel dolore e nella nostalgia i ragazzini, i due giovani che li accompagnano, l'uno serbo, l'altra croata, e un vecchio marinaio del posto che su quel mare aveva vissuto fascinazione e dolore. Poi un salto all'indietro, siamo a Gemona nel 1917. Un uomo ha visto la sua famiglia allontanarsi nell'esodo per sfuggire alle truppe austriache che stanno avanzando. Lui non se ne è andato. È rimasto nella sua grande casa, ora vuota. A presidiarla, a rivivere episodi del passato. La guerra è vicina. Ed è l'incontro con un giovane austriaco disertore fuggito, quasi impazzito, dall'orrore delle trincee devastate dall'irpite, è il rischio di essere ucciso da lui, è la comunanza di ricordi e l'arrivo improvviso del nemico. Qui gesti e sentimenti si mescolano in una narrazione che unisce privato e storia, vicinanze culturali di un passato spesso comune e un presente che violentemente divide. L'ultimo racconto narra una fuga diversa verso la Slovenia di una coppia, lui poliziotto rapinatore e pluriomicida, lei romena, succube di lui. Siamo negli stessi territori di confine, il racconto lavora originalmente sulla contraddizione, anche se, forse, accumula un eccesso di eventi. Emanuela Dorigotti
Leggi di più
Leggi di meno