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Queste conferenze, scritte dal ventisettenne Nietzsche nel 1872, quando era ancora professore a Basilea, contengono alcune delle affermazioni più radicali e rivoluzionarie contro il sistema della cultura moderna che mai siano state enunciate. Nel suo tentativo di «indovinare l’avvenire» fondandosi, «come un augure, sulle viscere del passato», Nietzsche è riuscito qui a individuare il nesso fra l’educazione scolastica, anche nelle sue zone più apparentemente disinteressate, e l’utilizzazione della forza-lavoro intellettuale da parte della società e ai fini della società stessa, che sono poi quelli di «allevarsi quanto prima è possibile utili impiegati, e assicurarsi della loro incondizionata arrendevolezza». Di fronte a tale brutale intervento, ogni cultura che non voglia identificarsi con l’ordine costituito dovrà agire contro di esso. Dietro la spinta verso una diffusione sempre maggiore della cultura, in cui riconosceva uno dei «dogmi preferiti dall’economia politica di questa nostra epoca», Nietzsche vide dunque un proposito di oppressione e di sfruttamento, insomma l’ombra stessa dell’«economia politica» nel suo senso più generale. Apparirà perciò giustificato leggere questo testo anche come una preveggente analisi dell’industria culturale – e lo storicismo, qui attaccato frontalmente come il maligno incanto che riesce a «paralizzare» ogni impulso a mettere la cultura in immediato contatto con «l’ambiguità dell’esistenza», si rivelerà essere appunto l’agente di un enorme e nefasto processo sociale tuttora in corso.
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Nietzsche, sempre illuminante, analizza la situazione nelle università e scuole tedesche, arrivando a conclusioni valide ancora oggi. Il filosofo delle inattuali coglie l'essenza dei problemi, e rappresenta in modo egregio il rapporto tra maestro e discepolo che sta venendo a mancare sempre più
Merita ampiamente questo libello. Peccato solo N. non abbia mai concluso il ciclo di conferenze.
È uno de testi di Nietzsche forse meno noti, frutto di di un ciclo di conferenze che tenne all'università nel 1872. L'ho trovato molto stimolante e lo consiglierei come lettura "formativa" a tutti gli insegnanti, da condividere come momento di riflessione con gli alunni. Ci viene evidenziata una concezione della scuola che certamente è ormai lontanissima dallo stato attuale della nostra. Si tratta indubbiamente di una scuola che non aveva ancora sperimentato la società di massa nel suo totale dispiegamento. Purtuttavia, ci fa riflettere sulla eccessiva finalizzazione e funzionalizzazione che le nostre società hanno attribuito alla formazione ed alla istruzione dei giovani. La scuola, vista prevalentemente, se non unicamente, come preparazione ad una professione specifica e amministrata con logica aziendale. Affascinante è la descrizione di Nietzsche della libertà e, diciamo anche, della "inutilità" in senso etimologico, che gli anni della formazione portava con sé, tutta protesa a cogliere le esperienze culturali fondanti per la vita futura dei giovani.
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