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Anno edizione: 1987
Anno edizione: 2014
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«Il libretto che qui si presenta è, propriamente, un trattatello, un manualetto teorico-pratico; e, come tale, ben si sarebbe schierato a fianco di un Dizionarietto del vinattiere di Borgogna, e di un Manuale del floricultore: testi, insomma, nati da lunga e affettuosa frequentazione della materia, compilati con diligente pietas da studiosi di provincia, socievoli misantropi, mitemente fanatici ed astratti; e segretamente dedicati alle anime fraterne, appunto ai capziosi delibatori, ai visionari botanici o, come in questo caso, ai rari ma costanti cultori della levitazione discenditiva. L’autore, umile pedagogo, ambisce alla didattica gloria di aver, se non colmato, almeno indicato una lacuna della recente manualistica pratica; parendogli cosa stravagante, che, tra tanti completi e dilettosi do it yourself, quello appunto si sia trascurato, che ha attinenza con la propria morte, variamente intesa. Come usa, e non senza peritosa compunzione, si additano qui taluni modesti pregi del volumetto, che forse lo differenziano da altri consimili trattati, anche più solenni: la definizione di concetti dati troppo spesso per noti, come balistica interna ed esterna, angosciastico, adediretto; l’aver proposto una nuova, e a nostro avviso, pratica e maneggevole classificazione delle angosce; arricchita, inoltre, di un Inserto sugli addii, che a noi pare non infima novità della opericciuola; l’inclusione nel discorso di cervi e amebe, a sottolineare il carattere più che semplicemente umanistico dell’impostazione; e, soprattutto, aver raccolto e presentato alcune diligenti e non esigue documentazioni, non senza abbozzo di commento, che consentiranno di verificare le enunciazioni della parte teoretica; giacché il libro si divide appunto in due parti, che potremmo denominare Morfologia ed Esercizi. E se taluno troverà codesti documenti inconditi e affatto notarili, non dimentichi che il loro pregio è da ricercare nella minuziosa, accanita fedeltà al vero; e pertanto, essi vengono qui proposti come esempi di quel realismo, moralmente e socialmente significativo, di cui il raccoglitore vuol essere ossequioso seguace». - GIORGIO MANGANELLI
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Micidiale ibrido tra il saggio filosofico-psicologico e la creazione narrativa, con spunti di evidente autobiografia, HILAROTRAGOEDIA proietta il tenace lettore nei meandri dell'immaginario irresistibile e barocco di Manganelli, vorticosamente intento a valorizzare e annullare la parola letteraria attorno al tema della morte. L'autore, "gastronomo dell'universale decesso" crea una sorta di luna-park , un circo equestre dove si avvicendano montagne russe, tiri a segno, labirinti ciechi e spericolati acrobatI. Vivi e non-nati, angeli e santi, guitti e giovani solitari, anonimi passeggeri e padri di famiglia sono tutti inesorabilmente spinti verso il compimento finale, verso il "mite bestione" che tutto divora ed espelle, l'inesorabile inferno-ade cui sono etero-diretti uomini e cose.
Manganelli è uno dei nostri grandi classici. Per il centenario della sua nascita si è tornato a parlare molto di lui, purtroppo però è anche troppo poco letto e, in genere, si preferisce il Manganelli che racconta dei suoi viaggi e le opere maggiori sono poco conosciuti. Hilarotragoedia è un capolavoro e andrebbe letto da tutti coloro che amano la letteratura. Non lo consiglio a chi cerca trame avvincenti e scritture piane: provino a leggere il risvolto di copertina e fuggiranno a gambe levate. Per gli altri sarà un raro piacere da degustare lentamente.
Primo (non) romanzo del Manga, opera intellettualmente e stilisticamente complessa, una discesa agli inferi surreale, vero teatro dell'assurdo, intimamente inquietante ma intrisa d'umorismo nero, tematiche discenditive che Manganelli approfondirà nell'arco della sua carriera, e che culmineranno in altri capolavori come "Dall'inferno". Tipologia di prosa e pensiero per pochi intenditori, un intellettuale e letterato raffinatissimo, che alternava tematiche alte e basse (come la grande letteratura insegna), raffigurate come nella più visionaria e delirante pittura, in uno stile narrativo che ha avuto, non solo nel nostro paese, pochi eguali. Pura avanguardia letteraria con occhio sempre attento ai grandi maestri della narrativa italiana, uno scrittore totalmente avulso da qualsiasi moda effimera del momento, un vero artista della parola scritta, avulso da ogni tipo di etichetta letteraria,
Recensioni
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MANGANELLI, GIORGIO, Tutti gli errori, Rizzoli, 1986
MANGANELLI, GIORGIO, Hilarotragoedia, Adelphi, 1987
recensione di Spera, F., L'Indice 1987, n. 3
Manganelli si conferma in ogni suo libro sagace inventore di macchine narrative originali. La ristampa di "Hilarotragoedia" (1964, 1987), la sua prima opera, ci ricorda come lo scrittore sia emerso fra il gruppo dell'avanguardia degli anni Sessanta, mantenendosi poi fedele al programma di pervicace sperimentazione della scrittura in prosa secondo la poetica fissata nel saggio "La letteratura come menzogna" (1967). Nel complesso delle opere si ritrovano alcuni punti fermi: il rifiuto della letteratura come espressione della realtà convenzionale o messaggio di valori ossequiati per consenso universale, il rapporto esclusivo della letteratura con se stessa, il montaggio e rimontaggio parodico dei meccanismi tradizionali della narrativa, l'analisi problematica dell'io che racconta e la sua relazione critica col lettore. E poi la ricerca di uno stile "artificioso" che si dipana per ragionamenti di logica così astratta e non lineare da risultare paradossali, assurdi, con un linguaggio ironicamente alto, quasi filosofico, volutamente virtuosistico.
Di qui deriva la difficoltà di definire le opere di Manganelli, che sfuggono alle usuali classificazioni dei generi. Già "Hilarotragoedia" si presenta come un manuale di discesa all'Ade, cioè sulla morte, ricco di umor nero, di deliri onirici, in forme divagatorie e spezzettate. E questo attacco alla comunicazione narrativa portato attraverso tematiche e forme trasgressive si rinnova nelle opere posteriori, che si configurano come antiromanzi ("Sconclusione", 1976), microromanzi ("Centuria", 1979), rifacimenti di testi altrui ("Cassio governo a Cipro", 1977; "Pinocchio", 1977). In più si deve rilevare la tendenza ultima a superare la sperimentazione avanguardistica a favore di una scrittura prevalentemente saggistica, come si avverte nelle opere degli anni Ottanta, da "Amore" (1981) a "Dall'inferno" (1985).
Cosi accade anche in "Tutti gli errori", sette prose che iniziano con un Congedo, tipico capovolgimento della regolare scrittura narrativa (si pensi a Sterne o a Dossi), cioè col capitolo che dovrebbe essere ultimo dove si raccolgono riflessioni sull'interdipendenza fra io narrante e lettore. Seguono in progressione prose su potenziali temi e figure di narrazione, dal tema più sfruttato, cioè dall'amore, con una serie di brevi monologhi, alternativamente di un io maschile e di uno femminile (non esistono personaggi caratterizzati fisicamente, psicologicamente, socialmente), con sottintesi riferimenti alla trattatistica d'amore, al "ragionamento d'amore". Appunti di viaggio riprende un topos per eccellenza della narrativa, il viaggio come allegoria della ricerca di sé, ma qui il soggetto vaga invano attraverso il vuoto senza reperire segni o messaggi. Il discorso narrativo s'involve poi nelle argomentazioni capziose di "Il punto H", dove l'io formula varie combinazioni di eventuali movimenti senza andare al di là del mero gioco mentale e quindi verbale. All'apice dell'opera si giunge con "Sistema", grande catalogo di Essenze, Luoghi, Immagini, Figure, che informano appunto il Sistema, cioè il mondo e quindi la narrativa che tale mondo vuole rappresentare.
Qui davvero Manganelli dispiega tutta l'intelligenza e l'abilità della sua operazione manipolatoria e allusiva. Al lettore sono offerti molteplici universi immaginari, dove può avventurarsi, sfruttando il suo personale patrimonio culturale, per sbizzarrirsi nel gioco dei riconoscimenti e delle reinterpretazioni. Ma è un gioco infinito, come si chiarisce in "Autocoscienza del labirinto", dove è proprio l'io del labirinto a parlare e a ribadire la sua essenza di gioco inesauribile. E quindi si comprende l'ambiguità del titolo, dove "errore" accoglie un concentrato di pregnanti significati: peregrinazione e smarrimento, azione sconsiderata e deviante, ma anche inganno della mente illusione, fantasma, tutti attributi cioè della letteratura.
Così "Gli sposi", l'ultima prosa, è la più alta allegoria del gioco della finzione letteraria: il fatto che lo sposo non riesca a incontrare la sposa per il già stabilito matrimonio non si spiega soltanto con la generica allusione a un lieto fine impossibile. Nella rivelazione conclusiva che invece è la sposa ad aver invano atteso lo sposo per duecento anni si potrebbe piuttosto ravvisare un'allusione metaletteraria allo scrittore ritardatario giunto tardi all'appuntamento coi romanzo, che, nella sua accezione moderna, si trascina appunto da due secoli di storia. E invero Manganelli è scrittore consapevolmente "ritardatario", che svolge la propria operazione letteraria nella coscienza della necessaria condizione di epigono di un'ormai consunta tradizione narrativa, ma di epigono, in questo caso, ironicamente parodico e trasgressivo.
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