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«Agli inizi, nella promiscuità in cui si operò lo slittamento verso la vita, qualcosa di innominabile dovette accadere, che si propaga nei nostri malesseri se non nei nostri ragionamenti. Che l’esistenza sia stata viziata alla sorgente, insieme agli elementi, chi potrebbe esimersi dal supporlo? Colui che non sia stato indotto a considerare questa ipotesi, come minimo una volta al giorno, avrà vissuto da sonnambulo». Cioran, che è l’opposto del sonnambulo – e subisce, se mai, la coazione alla «lucidità cronica» –, ha contemplato la suddetta ipotesi per lunghi anni. E così ha evocato, quasi un personaggio di romanzo, quel «funesto demiurgo» a cui accenna il titolo di questo libro e che ritroviamo, quale fedele compagno, non solo nei testi gnostici ma in ogni pensiero che non distoglie lo sguardo dal male. Se la colpa e «l’infermità di essere» hanno sulla nostra esistenza una presa così tenace, è perché avvertiamo che esse appartengono al mondo nella sua costituzione e non sono certo qualcosa che nasce e muore per un supposto arbitrio dell’uomo. Dire questo implica gettarsi in una lunga e fosca avventura. E qui ne percorriamo alcuni tratti, in acri variazioni sulle quali sembrano vegliare due numi tutelari: Baudelaire e il Buddha. Si parla, fra l’altro, del politeismo e del suicidio, del dubbio e della tolleranza, della liberazione e della sua impossibilità. I temi sono gravi, ma la prosa è leggera. Cioran è un virtuoso nell’evitare la ponderosità professionale del teologo o del filosofo. E ci offre qualcosa di più: una riflessione senza barriere protettive, lo stile acuminato di un etnografo del vuoto, di un clinico della tara primordiale.
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A quelli certi di fare centro con freccette di povera ricotta, ai sapientoni certi di vendere pensieri con arie da goffissimi maieuti, io personalmente lancio addosso questo simpatico dardo: "Perchè ritirarci e abbandonare la partita quando ci restano ancora tanti esseri da deludere?". Va bene, potrà anche passare come compiaciuta dottrina snobistica, la rovesciata esattezza del bravo pedagogo. Ma non ho tratte regolari da offrire, non ho nitide cartine morali su cui indicare un diligente Sud o un encomiabile Ovest. Provate a shakerare (che verbo!!!) i punti cardinali e poi lasciate uscire il risultato: non avrete che una bevanda orrenda, imbevibile, solfa e veleno di un ordine che è sempre creta posticcia, flacone scaduto. E allora, in barba a Soloni da platee sceltissime, rilancio: "Quando si è capito che niente è, che le cose non meritano nemmeno lo status di apparenze, non si ha più bisogno di essere salvati, si è salvi. E infelici per sempre". Non cercare proseliti in quest'informe slavina di perduti, non bussare ad usci dietro cui dimorano abitanti interiormente sordi, perchè niente è più prevedibile di un cranio sano. "Lo spirito sfondato dalla lucidità", mormora Mastro Cioran, conosciamo sentenza più buia, più squalificante? Che io sappia, dal basso delle mie ascese, No! Dunque portatevi in tasca questa copia e dimenticate questo delirio, e a chiunque vi chieda la prova di qualcosa mostrate le vostre crepe sorridenti, foci d'acqua malata, perciò purissima: "Io sono uno straniero per la polizia, per Dio e pe me stesso". Continuare è come danzare in un mattatoio impolverato e capire che quella polvere è zucchero divino con cui condiamo le nostre colazioni. Che dire: Il balbuziente è uno stilista nato". Indossate queste pagine: i ghiacci si metteranno sull'Attenti, il sole sentirà molto freddo.
Il filosofo romeno si interroga sulle radici dei nostri culti, sulle nostre più intime ed infine pulsioni, sulla religione e la divinità : e se il Dio creatore fosse maligno?
"La lebbra è avida e impaziente, le piace espandersi; è importante scoraggiare la generazione, infatti il timore di vedere estinguersi l'umanità non ha nessun fondamento: qualunque cosa accada, ci saranno dovunque degli scimuniti che chiederanno solo di perpetuarsi..." Impossibili le vie di mezzo, quando si incontra un autore così. Se gli si è in qualche modo affini, se si pensa che gli uomini siano le cellule tumorali che uccideranno il pianeta, allora si considera corroborante e consolatorio il semplice fatto che lui sia esistito e abbia avuto la possibilità di scrivere e di pubblicare. Se invece sei uno che produce e si riproduce e crede ciecamente in quello che fa, non potrai non considerarlo un demone nichilista, un diffamatore della vita, o, nella migliore delle ipotesi, un provocatore. Perdonatemi, ma io sto con lui.
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