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Uno scienziato tedesco e la sua compagna vivono in solitudine su una delle isole Galápagos, convinti di abbandonare così la civiltà corrotta e «riavvicinarsi allo stato di natura». Ma anche la contessa von Kleber, affiancata da due gigolò, ha dei piani su quel frammento abbagliante di terra circondata dal mare: costruirsi l’Hôtel del Ritorno alla Natura, per tutti i devoti dell’idillio. Non sarà però l’idillio a regnare sulla splendida isola: piuttosto la rovina e il terrore, scanditi dal ritmo inesorabile di Simenon.
Scritto nel 1935 e pubblicato nel 1938, questo romanzo è un terribile apologo: come la natura incontaminata possa allettare i suoi devoti alla più feroce autodistruzione. E potrà sembrare una risposta vaticinatoria alla voga oggi dominante secondo cui la natura, nella sua purezza, sarebbe qualcosa di bonario e roseo – e l’unico problema per noi quello di adeguarsi a essa. Di fatto, tale voga dura da più di due secoli, e l’ispirazione per questo affascinante romanzo fu offerta a Simenon da una storia vera, un caso criminale che avvenne nel 1934 a Floreana, nelle Galápagos, con protagonisti assai simili a quelli che appaiono nel romanzo.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Negli anni ’30 due studiosi tedeschi, il dottor Frantz Müller con l’assistente Rita, e il professor Herrmann, con la moglie Maria e il figlio quindicenne Jef, ritardato mentale, vivono in solitudine a Floreana, nell’arcipelago delle Galàpagos, al largo dell’Ecuador. Un giorno, con la goletta dei rifornimenti arriva la contessa von Kleber, con il marito Nic Arenson e il giovane attendente Kraus, l’amante. La donna vuole costruire un albergo di lusso per clienti facoltosi, che chiamerà “Hotel del Ritorno alla Natura”. Assume Larsen, un pescatore norvegese che vive su un isolotto vicino, per costruire la casa, aiutato da Kraus, che tratta come un servitore. Subito si manifesta l’influenza negativa della contessa, perché il gruppo si divide: gli Herrmann fanno amicizia con i nuovi arrivati, mentre il dottor Müller e Rita mantengono le distanze. La Kleber è un’assatanata ninfomane, e organizza feste sfrenate a base di alcol e cibi portati dal continente. La prima vittima della sua arroganza è l’asino di Frantz, ucciso per errore da Nic, ubriaco, ma si capisce che la tragedia incombe, mentre aumenta la tensione fra i due gruppi. Ogni giorno Herrmann fa rapporto al dottore sulla contessa e i suoi amici, ma qualcuno vuole lasciare l’isola, non sopportando la tensione. Simenon, provetto scrittore di gialli, sa creare suspense nell’attesa di una catastrofe che s’intuisce imminente, fra il distacco rassegnato del dottore, i timidi sogni erotici di Rita, la sottomissione dubbiosa degli Herrmann, il rancore nascosto di Nic e Kraus, la prepotenza della contessa. E’ interessante il conflitto psicologico di un piccolo gruppo obbligato a convivere in uno spazio ristretto. E’ un’ambientazione insolita per Simenon, che, lontano dalle nebbie di Parigi, si prende qualche licenza nella descrizione dell’isola, ma trasmette chiaro il messaggio: la natura non è amica. La storia non è del tutto inventata, perché Simenon s’ispira a un delitto reale avvenuto nel 1934 a Floreana.
Partendo da un reale fatto di cronaca nera avvenuto negli anni Trenta e quindi contemporaneo alla stesura del romanzo, Simenon riprende la vicenda senza sostanziali modifiche. Ne risulta un testo poco originale, con personaggi senza particolari caratterizzazioni e un finale che non dice granchè. Insomma, di Simenon abbiamo letto di meglio!
Il Simenon che non ti aspetti. Tagliente, spiazzante, crudele. L'ambientazione è quanto di più lontano da quelle a cui l'autore belga ci ha abituati: uno sperduto isolotto delle Galapagos, tutto rocce e sole cocente. I protagonisti, uno sparuto gruppetto di outsider, delineano ritratti di varia umanità molto arguti. Lettura piacevole.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
(scheda pubblicata per l'edizione del 1989)
scheda di Bertini, M., L'Indice 1990, n. 1
Lo sfondo di questo Simenon minore non potrebbe essere più antitetico rispetto agli umidi notturni autunnali del "Testamento Donadieu" o alle nebbie che avvolgono alcune tra le più memorabili inchieste di Maigret: siamo a Floreana, una delle GaIàpagos, tra pesci multicolori, lagune rosee di corallo e tramonti di fiamma. La bellezza insidiosa dell'isola, da tempo disabitata, attira in un primo momento uno scienziato tedesco, naturista e vegetariano, che tenta con una docile allieva di tradurre in pratica i propri ideali di vita; a questi primi coloni si aggiunge poi un'altra famiglia, ugualmente tedesca. La situazione si complica e si fa drammatica quando sbarca a Floreana una sedicente contessa, decisa a costruirvi un grande albergo; è un'avventuriera prepotente e crudele, che trascina al suo seguito due amanti totalmente soggiogati e suscita inevitabilmente intorno a sé turbamento e violenza. La sua presenza fa affiorare in qualche modo, tra i precedenti abitanti dell'isola, conflitti e tensioni che l'ideologia del casto e austero scienziato tendeva a mascherare: il sogno del ritorno alla natura si rivela carico di ambiguità e ad uno ad uno, in una cornice di radiosa e impassibile bellezza, i protagonisti si avviano verso il fallimento o verso la morte. Non siamo di fronte al miglior Simenon, ma a un testo che ha tutto il fascino di certi vecchi film d'avventura, dall'esotismo sgargiante, fittizio e volutamente elementare.
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