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Due amanti si separano a Parigi, all’inizio dell’ultima guerra. Anni dopo si ritrovano a Stoccolma. La loro storia è cominciata in quella «terra di nessuno, dove l’uomo vive nella libertà e nel mistero». Poi quella vita segreta era stata a poco a poco messa in ombra dalla «seconda vita», la vita comune. E viene il momento di chiedersi: che cosa sussiste di quella storia? Giocando magistralmente sulla tastiera dei sentimenti, la Berberova ha scritto un amaro, sottile apologo sull’amore e la libertà – e soprattutto su quella parte della nostra vita «di cui nessuno sa nulla» e sul come difenderla.
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Questo breve romanzo si apre con un addio tra la narratrice, un'espatriata russa che vive a Parigi col vecchio zio, e Ejnar, un uomo svedese con cui ha condiviso momenti di passione. Sette anni passeranno tra la dipartita e il loro nuovo incontro. Sette anni in cui la Guerra, nonostante il silenzio tra i due e i cupi avvenimenti di quel periodo, non spegne in lei il ricordo di quell'amore travolgente. Tuttavia, il ricordo dovrà scontrarsi rovinosamente con la realtà. Ho apprezzato molto la prosa poetica di Nina Berberova, il modo in cui racconta l'angoscia e il dolore della separazione dalla persona amata, i sussulti dell'anima, il disincanto. L'autrice sottolinea l'importanza dei momenti di solitudine e di avere un rifugio dove potersi conoscere e sentire al sicuro, ponendo anche l'accento sui momenti speciali che non dovrebbero essere fagocitati e progressivamente cancellati dalla vita "normale".
"Solo nell'illusoria libertà ci sentiamo divisi da natura". Il giunco mormorante di Nina Berberova si apre con gli splendidi versi del poeta russo Fëdor Tjutcev e sono stati appunto questi versi a spingermi a leggere questo piccolo ma rivelatorio libro. Impossibile non venir colpiti dalle immagini di queste semplici piante acquatiche, i giunchi, che nella loro apparente fragilità, restano con le proprie radici saldamente ancorati al terreno, resistendo agli urti delle onde. Il giunco richiama alla mente anche un altro poeta, questa volta italiano, Dante, che nel primo canto del Purgatorio si appresta a seguire un percorso di rinascita e purificazione. Lo fa venendo avvolto in vita da Virgilio da una pianta di giunco. È bellissimo notare lo stupore del poeta nel vedere come questa pianta rinasca nonostante la sua guida lo abbia strappato dal suolo. Affidando il titolo del suo romanzo a questa semplice pianta, Nina Berberova ha così modo di mostrare al lettore il suo personale cammino interiore. Nonostante i lunghi e dolorosi anni di guerra, nonostante abbia avuto modo di constatare che l'uomo che ha sempre amato in realtà non ha mai provato per lei quello stesso forte sentimento di abbandono, lei al pari di un giunco si è sì piegata ma è rimasta saldamente ancorata alla sua NO MAN'S LAND, la terra di nessuno, quello spazio invalicabile, dove nessuno oltre lei può mettervi piede, perché è la sua insenatura di mare, il suo luogo segreto, un luogo dove è racchiusa la sua identità, un'identità dove nessun evento, nessun amore non corrisposto, hanno il diritto di usurpare. Il racconto della Berberova è una attenta analisi verso la piena realizzazione del sé, un inno alla libertà individuale e un invito a restare fedeli unicamente a se stessi.
Una coppia sembra costretta a separarsi a causa della guerra, lui parte e noi seguiamo la storia dal punto di vista di lei, con tutte le emozioni e i pensieri verso il suo amato Ejnar che non vede l'ora di rivedere e dal quale ad un certo punto non riceve più lettere.Passeranno due anni prima che lei possa andare a Stoccolma a cercarlo... Questo libro brevissimo è scritto in maniera eccellente, la Berberova è molto brava a descrivere le emozioni, quell'addio nel primo capitolo è di una intensità disarmante. Bellissima la descrizione della no man's land..una vita di mistero e libertà assoluta, di cui nessuno sa nulla e solo ognuno di noi ha la chiave per entrare..e anche a me, come a Nina, dispiace molto per chi una no man's land non ce l'ha, io ci sguazzo nella mia!!😅🤩
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