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Anno edizione: 1991
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Il princìpio, l’orrore, il mito, il soffio del caos danzano qui tra astri e abissi, fiamme e luna, maschile e femminile, sangue e sperma, in forma di scrittura. Testo non certo semplice, se non si dispone di una ferrea volontà. “Occorre prendere questo libro come è,” avvisa l’autore, “o gettarlo senza esitazioni…” Bisogna essere inoltre, se possibile, amanti delle parole e di tutto ciò che queste riescono ad evocare attraverso il loro suono, i loro incastri armonici. Tra i temi affrontati nell’Eliogabalo, quello su anarchia e molteplicità delle cose è senza dubbi il più affascinante e coinvolgente. Anzitutto, per Artaud, chi sbraita contro il politeismo degli antichi, definendolo barbaro, è egli stesso un Barbaro, cioè un Europeo, in quanto tutte le idee che hanno permesso al mondo romano e greco di non morire subito, di non sprofondare in una cieca bestialità, sono proprio venute da questa fascia barbara, permettendo di mantenere il contatto con la Tradizione. Eliogabalo, figlio di “cagna”, Heliogabalus, Elagabalus o El-Gabal, dalle “carni rotonde di una donna” e la cui pronuncia del nome “fa nascere come una rosa dei venti, in ogni direzione, le immagini di trenta forze”, rappresenta qui un iniziato in grado di ridurre, in quanto re dotato di un’intelligenza fremente, la molteplicità umana, e ricondurla al sentimento dell’unità attraverso il sangue. “Ed è questo monoteismo, questa unità di tutto che disturba il capriccio e la molteplicità delle cose, che io chiamo anarchia. Aver il senso dell’unità profonda delle cose, è aver il senso dell’anarchia…” Eliogabalo è un anarchico che interpreta secondo una sensibilità teatrale i riti della religione del sole, trovando da ultimo “la morte ignominiosa di un ribelle, ma che è morto per le proprie idee”. Artaud attinge alle fonti degli storici e le interpreta secondo un pensiero altrettanto teatrale (più uno spirito che già di per sé gli dà abbastanza filo da torcere). Anche lui è un anarchico.
Eliogabalo, Elagabalus, l'uomo-ragazzo, il dio-principio, il re-anarchico. L'anarchia come possibilità di fare tutto. L'anarchia come possibilità di opporsi al rito della tradizione romana e imperiale per crearne una nuova individuale e assolutista (con ogni eccesso). L'anarchia come possibilità di farsi dittatore e giudice, anarchia quindi come ipotetica libertà personale che diventa legge oppressiva nei confronti dell'altro. Poi c'è la visione frammentaria dell'esoterismo tout court. Iniziazione alla fede magica, accenno a riti arcaici, balbettii di sillaba Om o Aum originaria. Il dio non è il dio. Il principio è ogni cosa. Il colore è bianco-sperma-maschio, il rosso-mestruo-femmina. La donna è uomo-soldato, l'uomo è donna-sacerdote. Non è questione di idolo-Sole, né di idolo-Artaud (per cortesia uccidiamo ogni Buddha). Tutt'altra storia quindi. La storiografia è altra materia. Qui la materia è spirito elucubrante, principio ininterrotto e contraddittorio, confusione permanente. Eliogabalo-Elagabalus solo un pretesto letterario. Il sole fisico, solo un'ombra metafisica. Preparate la crema solare per evitare lo scottamento.
Uno dei migliori libri di Artaud, un romanzo che trasuda infezioni spirituali e perversioni carnali, scritto volutamente in uno stile contorto, la trama molto spesso in relazione alle vicende storiche dell'imperatore pederasta, autoproclamatosi incarnazione terrena del dio sole, è colma di dotte dissertazioni sul paganesimo a volte contraddittorie, sofferte e profonde. Filosoficamente ed esotericamente la guerra dei princìpi cosmici platonici che secondo questa antichissima dottrina misterica ha permesso la creazione dell'universo visibile, e la guerra fra il principio maschile e femminile per i medesimi scopi, pare in parte giustificare la portata dei riti perversi e sanguinari di certe degenerazioni pagane. E questo folle equilibrio fra l'essenza carnale e spirituale del maschio e della femmina, vissuta con ossessione da Artaud stesso, lo portò poco prima della sua morte a sperimentare su se stesso un antico rito iniziatico di autoevirazione! Libro sconsigliato a chi cerca soltanto la leggerezza narrativa, testo che risulterebbe pesantissimo per questo tipo di lettori. Per me invece un'opera che mi ha suscitato profonde riflessioni, cosmiche e terrene, seppur ci vuole uno stomaco forte per reggere l'orrore di tutto quel sangue rituale versato, la sodomia cerimoniale e pedofila, e un'atmosfera d'escrementi, sudori e fogne d'ogni sorta che dai sotterranei dei templi solari, scorrevano ognuno con il proprio contenuto, verso le ancestrali profondità della terra.
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